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Relazioni pericolose/ Matteo d’Arabia e il “grande” principe MBS

di Gian Micalessin
1 Febbraio 2021
in Home, Mondi
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Diversivi e null’altro. Diversivi usati da chi vuole impedirgli di guidare l’Italia aiutandola, sotto la sua illuminata guida, a investire al meglio i 209 milioni del Recovery Fund europeo. A questo punta  –  sostiene Matteo Renzi in un video su Facebook – chi  lo rimprovera   d’elogiare  il  “grande”  amico   Mohammed Bin Salman (MBS),  il principe ereditario saudita accusato di  far  sparire i nemici all’estero e di far  rotolare le teste degli oppositori.  Come dargli torto. Per  Matteo Renzi – lo sanno tutti – la democrazia  è sacra. Non a caso,  il 13 gennaio, la citò almeno dieci  volte per spiegare il suo addio al governo. Sottolineando che non è un “reality show”,  va  rispettata nelle sue “forme” e  realizzata con  adeguate  “liturgie”.
Peccato che per Renzi,  forme e  liturgie siano come  le usanze. Cambiano a seconda del paese. Così arrivato in Arabia Saudita e accomodatosi  di fronte a Mohammed Bin Salman  non ha potuto far a meno di chiamarlo “grande” principe. Certo, a volte, i complimenti sono obbligati. Soprattutto davanti al  titolare di una reale fondazione  (la Future Investment Initiative Institute) che ogni anno ti  versa 80mila dollaroni  in cambio di discorsi a comando. Ma quel “grande” – diciamolo – lascia un po’ sgomenti. Soprattutto perché  riferito a un principe accusato  di aver spedito a Istanbul i sicari incaricati di fare a pezzi  il giornalista-oppositore Jamal Khashoggi dopo averlo  attirato con un pretesto nel consolato saudita.
Ma fa altrettanta impressione  sentirgli  accostare la parola “rinascimento”  ad un regno wahabita simbolo dell’oscurantismo islamista. Un paese dove, come nel Califfato dell’Isis,  le decapitazioni si svolgono in piazza. E dove il 23 aprile 2019  il  “grande” principe Bin Salman fece rotolare, in un solo giorno, le teste di 37 oppositori costretti a confessare, sotto tortura, la partecipazione ad atti di terrorismo. Un’esecuzione di massa senza precedenti persino per un regno dove si contano 150 decapitazioni all’anno  e dove all’ascia del boia può venir preferita la lapidazione. O una crocifissione con taglio di testa finale.
Volgari  diversivi per un Renzi  pronto,  nel nobile tentativo di salvare l’Italia, a ignorare anche i cinque minori  in attesa del boia per reati commessi quando avevano tra i cinque e i 17 anni. E altrettanto “diversivo” è ricordargli  la castroneria finale ovvero l’elogio dell’assai contenuto costo del lavoro in un paese dove la gran parte dei sudditi non alza un dito. E se lavora incassa una media di 1300 dollari al mese a fronte dei 250 pagati a quei lavoratori  asiatici e africani  costretti – per la legge della  “kafala”-   a consegnare i passaporti  a dei datori di lavoro pronti a trattarli come  schiavi.
Ma più gravi delle castronerie umanitarie sono le sottovalutazioni politiche.  Un leader  convinto  di essere il salvatore dell’Italia e di meritare la carica di premier  o, in alternativa,  quella di  segretario generale della Nato non può  ignorare le mosse con cui Joe Biden e il Parlamento Europeo hanno preso le distanze dal “grande” amico principe. Mentre Renzi parla di  “diversivi” il presidente Usa, che già in campagna elettorale  definì l’Arabia Saudita “paese paria” (“inavvicinabile”)  ha già  congelato la  vendita di bombe promesse a Riad.  L’Europarlamento  si è, invece,  espresso ad  ottobre votando la mozione con cui  invitava  i vertici europei a disertare il G20 saudita e  ricordava  le esecuzioni, le condanne di minori,  le  persecuzioni degli oppositori, il mancato rispetto delle donne e i bombardamenti dello Yemen.
Semplici “diversivi” nei pensieri di Matteo. Vittime in carne ed ossa nella realtà dominata dal suo “grande” amico  Mohammed Bin Salman.
Tags: Arabia SauditaMatteo Renzi
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