Dopo un avvio inaccettabile la nota di Polito (Il PD e il suo leader. Un partito specchio del capo) si dipana opinabile con alcuni momenti illuminati ed equilibrati.
Eccessive, immeritate ed infondate appaiono le lodi tributate nelle righe iniziali, dal momento che l’egolatra è stato posto in una posizione inattaccabile dalla pochezza degli avversari interni, dall’asservimenti dei vari clan, che lo circondano e lo sorreggono e dalla fiducia in lui ancora riposta dai suoi non pochi sponsores, nonostante la meschina figura fatta e le soverchie illusioni spazzate via dai poveri italiani illusi lo scorso 4 dicembre.
Le “doti di resistenza e di fiato” e la sua “qualità di sapersi scrollare di dosso la polvere e risalire in sella” possono apparire tali se si sorvola sull’inconsistenza delle minoranze, preoccupate solo di iniziative clamorose e di contestazioni estemporanee ma non di una severa quanto approfondita denunzia degli errori compiuti ieri sempre da Renzi ed oggi dal suo grigio successore.
Dopo il dolce Polito non può non affrontare l’amaro, a cominciare dalla evidente caduta dell’affluenza, dovuta a fastidio, noia ed insoddisfazione (- 1 milione di elettori, tra i quali molti per dispetto) e non può non interrogarsi, scettico, quasi interdetto sulla nebulosità delle operazioni di voto e di trasparenza nel conteggio dei votanti, tra i quali sono stati notati davvero non pochi extracomunitari.
Polito poi nota che i Democratici, sin dal loro sorgere dal connubio tra ex – comunisti ed ex – democristiani, non sono stati mai capaci di conquistare dalle urne una maggioranza. Emerge poi u altro aspetto, tale da confermare la futilità assoluta, guidato a condurre operazioni strumentali, come quella della designazione di Mattarella al Quirinale, ma lontano dal sapere individuare una strategia lucida e principalmente democratica per il sistema da adottare alle prossime consultazioni generali oltre al rudimentale premio al partito, ancorata ad una soglia straordinariamente mediocre (40%).
“Se si può insomma dire che per la prima volta […] il PD sia stato davvero conquistato”, si deve, per onestà e per equilibrio critico, che si muove con obiettivi autocratici, lontani da logiche fattive e costruttive, animato o meglio spinto e sorretto da suggeritori dello stampo, del livello e della visione del tutto simili a quelli del suo amico francese.
Polito ritiene senza coglierne la causa effettiva che sia il PD ad indebolirsi mentre il vero responsabile dell’indebolimento con i diversi cerchi magici è Renzi, che l’ha trascinato nel baratro del referendum, dal quale è potuto riemergere con la complicità di antagonisti di comodo o con la connivenza incosciente di oppositori solo vocianti.
Per una volta ancora – non fa piacere rilevarlo – Polito si perde nel momento in cui denunzia semplicisticamente in Renzi “una certezza vaghezza programmatica”, per non dire in termini più franchi, inconcludenza e vacuità. Ad essere ignorati sono i passaggi portanti delle alleanze politiche, della riforma elettorale, delle leggi di Bilancio, della crisi Alitalia e dei rapporti con l’Europa, in cui l’Italia vanta da qualche mese l’appoggio (!) di uno statista del prestigio di Antonio Taiani.
Non si tratta davvero di bagatelle, con la situazione nostrana avvilita nelle mani di uomini su entrambi i fronti della massima mediocrità.