Il primo ad accorgersi della bellezza e della semplicità di Poggio fu Napoleone Bonaparte, che durante il suo esilio all’Elba, ogni tanto amava soffermarsi in questo piccolo borgo, a metà strada tra Marciana Marina e Marciana, a 350 metri sopra il livello del mare. Dal belvedere si poteva ammirare un panorama ampio e folgorante, alle spalle del monte Capanne e con davanti la vista della costa che lambiva un mare blu intenso.
Dopo meno di un secolo, l’imperatore corso venne emulato da una pletora di politici, artisti ed imprenditori, che avendo gusto sapevano apprezzare il posto, fatto di un intreccio di poche case che si aprivano su piazzette tranquille ed ombrose. Infatti vi arrivarono il pittore Telemaco Signorini, ma poi Churchill, Agnelli, Montanelli e tanti altri. Questo per spiegare che Poggio non è un luogo qualsiasi, e che se da 18 anni, ogni estate, ospita un concerto in memoria di Lucio Battisti, ciò non è un caso.
Lucio nacque a Poggio Bustone, ma non credo che questo sia il motivo, forse invece lo è l’abitudine dei suoi pochi abitanti al bello ed al profondo.
Il Memorial Battisti di quest’anno ha battuto ogni record di partecipazione, la colonna di auto posteggiate ai lati della provinciale raggiungeva quasi un chilometro. Un ottimo cantante, Leandro Ghetti, capelli neri e ricci, sciarpa leggera al collo, sapeva ricordare con discrezione il modello originale, accompagnato da una valida band.
Il concerto, seguitissimo, mi ha riportato alla mente tante emozioni, che non prevedevo e scontate non erano. Tra le prime canzoni c’era “Innocenti evasioni”; il cantante ha riassunto brevemente la trama del testo; sì perché ogni canzone di Battisti è una storia, e pur avendo ascoltato per anni “Che sensazione di leggera follia sta colorando l’anima mia” non avevo colto che racconta di un tradimento andato a male per l’arrivo in casa improvviso e non previsto della fidanzata del protagonista, che aveva preparato champagne, luci soffuse e intriganti profumi per un’altra destinataria, rimasta poi fuori.
Tra le storie che più coinvolgono emotivamente c’è la “Luce dell’est “ e riguarda un amore travolgente al di là della cortina di ferro, scritta da Mogol negli anni in cui c’era ancora la cappa asfissiante del comunismo. Parla della passione di un uomo occidentale per una donna slava. La storia viene rievocata dall’autore durante una passeggiata autunnale mattutina nella brughiera. Il distacco tra i due innamorati viene descritto con poche toccanti parole
“L’auto che partiva e dietro lei
ferma sulla strada lontano ormai
Lei che rincorreva inutilmente noi
Un colpo di fucile
ed ecco che
ritorno col pensiero
E ascolto te
il passo tuo
il tuo respiro dietro me”
Quel colpo di fucile che ha fatto pensare molti che avesse colpito la ragazza, visto il clima opprimente in cui viveva ed invece è solo il richiamo del presente, in stagione di caccia, alla nuova vita con l’attuale amore. Ma potrebbe, il colpo di fucile , rappresentare una cerniera tra passato e presente, e quindi appartenere ad entrambe le situazioni.
Perché i testi di Battisti e Mogol appartengono a tutti ed ognuno può ritrovarsi nelle sue fantasie; siamo tutti stati colpiti dal suono delle parole e spesso abbiamo perso il senso delle stesse.
Come nei “Giardini di marzo”: sono le confessioni di un depresso o semplicemente di un ragazzo molto timido ?
“Poi sconfitto tornavo a giocare con la mente
e i suoi tarli”.
Il finale del concerto non lascia più spazio alle riflessioni, la band parte con l’esecuzione delle canzoni più famose ed orecchiabili.
Di colpo, una settuagenaria dalla chioma argentata scatta in piedi dalla sedia davanti a me, come tarantolata, per cantare il ritornello di “Un’avventura “
“Non sarà un’avventura
Questo amore è frutto
solo di poesia
tu sei mia
tu sei mia
fino a quando gli occhi miei
avran luce per
guardare gli occhi tuoi. “
La signora sa a memoria le parole, come altri anziani a lei vicino. L’apoteosi è alla fine, con la canzone regina dei falò,
“La canzone del sole”.
Allora i giovani accorrono tutti attorno al palco a cantare quei ritornelli, che i loro nonni sanno a memoria. Perché le canzoni di Battisti sono state le canzoni dei vent’anni di più generazioni. Il concerto finisce, si torna a casa e ognuno ripone il fardello della sua giovinezza in un angolo tutto suo della mente.