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Riforme bidone/ Del Rosatellum e altre strambe alchimie elettorali

di Vincenzo Pacifici
22 Settembre 2017
in Home
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Riforme bidone/ Del Rosatellum e altre strambe alchimie elettorali
       

Et voilà, Il velo trasparente si è finalmente e senza equivoci sollevato. Agli occhi di tutti è stato presentato l’inciucio elettorale PD – Forza Italia.

L’intesa era prevista da mesi da parte dei cittadini attenti, smaliziati, magari “duri e puri”, e smentita o addirittura esclusa nei giudizi degli elettori ingenui, perbenisti, pantofolai, il 4 dicembre scorso allineatisi per il “sì”.

Il quotidiano della famiglia Berlusconi con non celato entusiasmo ha titolato, come “foglio d’ordine”: “Legge elettorale. Ecco come si voterà. PD e Forza Italia trovano l’accordo sul Rosatellum. Semi proporzionale con scelta di candidato e partito”.

Nell’editoriale illustrativo si avverte che la proposta prevede l’assegnazione del 36% dei seggi (231 su 630) con il maggioritario e il 64 %( 399) con il proporzionale.

Considerato “con ogni probabilità una sorta di ultima spiaggia “ è condiviso da 4 raggruppamenti autocratici, i 2 agli ordini di Renzi e di Berlusconi, quello allineato dietro Salvini e l’ultimo, raffazzonato, capeggiato da Alfano, “permette – riconosce senza timore “Il Giornale” – ai leader [recte despoti] dei singoli partiti di indicare non solo i candidati all’uninominale ma pure di individuare di fatto gli eletti nella quota proporzionale”.

Ma una volta, in anni remoti, magari con il suffragio ristretto e poi con quello universale, non esisteva e vigeva la parola “democrazia”, in cui ilo popolo scegliava ed indicava?

E’ davvero problematico escludere, di fronte a questo panorama, l’esplosione del voto di protesta, ripartito tra i grillini, spocchiosamente trattati in quanto privi di un numero consistente di “candidati spendibili”, e tra gli astensionisti, soprattutto e principalmente di centro – destra, disprezzati nell’adunata di Fiuggi, come “roba da pozzo nero”:

Il foglio non nasconde gli ostacoli al disegno considerato solo renziano, come se l’egolatra lombardo non esprimesse lo stesso proposito, di un rinnovo completo dei gruppi parlamentari.

Una nota nelle pagine interne del quotidiano, diretto da Sallusti, spiega che “la nuova bozza [di cui è relatore quel tal Fiano] piace a FI perché penalizza i 5 Stelle e non obbliga al listone con la Lega”. Queste parole rappresentano una rinnovata prova del proposito di una coalizione, scadente imitazione di quella tedesca, prossimamente al vaglio degli elettori, gradita e auspicata per interessi bottegai, finanziari e commerciali, ancora una volta di infimo senso democratico, visto che debbono essere i cittadini a “penalizzare”, non le norme strumentalizzate e disegnate nelle stanze segrete.

Freschissima e difficilmente equivocabile è la proposta di “una moratoria sullo ius soli” con il rinvio del tema (“una patata bollente” in meno sul tavolo delle trattative) al nuovo Parlamento, avanzata dalla creatura di Berlusconi, ora cantore del Ppe, l’ex monarchico Antonio Tajani.

Appena una parola, perché analisi più approfondite e dense sono impossibili, sulla superficialità egoistica del referendum lombardo – veneto. Secondo Caputo, sempre sul quotidiano di casa Berlusconi, le due regioni “non puntano neppure a uno statuto speciale ma semplicemente al diritto di disporre di una parte maggiore delle risorse prodotte, versandone meno al centro”. In altri termini, con buona pace della solidarietà nazionale e della sintonia indispensabile e immancabile tra le varie aree componenti dello Stato, altrimenti battezzato “centro”.

Tags: riforma elettorale
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