Honoré De Balzac era convinto che “per giudicare un uomo bisogna almeno conoscere il segreto del suo pensiero, delle sue sventure, delle sue emozioni.” Le emozioni sono complicate ma anche molto difficili da decifrare. Particolarmente, quando la sfera che interessano è pressappoco il caotico sviluppo degli accadimenti. Pensiamoci bene, quante volte salendo sulla metro, in bicicletta, nell’attesa di salire su un treno, abbiamo notato un qualcosa che ci ha irritato.
Oppure, all’inverso ci ha fatto drizzare i capelli: una donna dallo sguardo penetrante e dalla bocca graziosa e, poco più in là, magari il giorno stesso, la vista di un uomo dalla grossolanità indicibile che neppure si sposta quando dobbiamo passare a pochi centimetri dal suo viso disgustoso. Quanti di noi hanno mai espresso fino in fondo, all’istante, quello che pensano ? Quasi nessuno. Quindi, con molta probabilità, nascondere un’emozione è più facile che manifestarla apertamente.
Eppure, in un libro che mi è stato regalato in formato digitale, c’è l’indole apprezzabilissima e per i suoi inguaribili detrattori del tutto riprovevole, di un uomo; Céline, Céline, Céline, e… Ancora, Céline. L’Italia è finalmente pronta a leggerlo così com’è, senza giudizi paranoici e senza tocchi “sapienziali” che annullerebbero le sfumature accattivanti di Ferdinand.
Andrea Lombardi è un céliniano doc e avvalendosi della collaborazione di Gilberto Tura, ha da poco scritto “Louis-Ferdinand Céline. Saggi, interviste, ricordi, lettere”, edito da Italia Storica, Genova 2016. Il suo, è un inedito che non può essere letto, muniti delle solite considerazioni e delle immancabili parole/frasi ‘parvenu’ da blouson noir dall’invidiabile preparazione letteraria.
Le finte “emozioni” dei pidocchi del pube, stancarono anche il dottor Louis Ferdinand Auguste Destouches che nei suoi giorni da medico, conscio dei perché delle tante notti insonni e di essere il narratore scrivente di un’esistenza fottuta e revisionata da altri, sapeva benissimo come mandare a quel paese i presenti. Tutto sommato, la vita di Céline è uno sdoppiamento della personalità, due volte tanto, senza però mai smarrire la propria natura.
Il libro di Lombardi è l’anabasi di un medico riscopertosi autore per necessità, (questo fu il mantra poco credibile e parecchio narciso di Céline), dalle folate al vetriolo e dal furore atavico che primeggia, indipendentemente dai «pamphlet della vergogna»: Mea culpa, Bagatelles pour un massacre, L’Ecole des cadavres, Les Beaux draps, Hommage à Zola, À l’agité du bocal e Vive l’amnistie Monsieur.
Céline e quello che c’è dietro i suoi lavori, rivivono nuovamente di una luce che non è quella di una lente di ingrandimento, divisa dal buon senso di coloro che a tutto oggi, provano a sdoganarli e di chi invece, ha il fine ultimo di criminalizzarli, insozzandoli del bene e del male. Le consuetudini parassitarie delle idee, degli esseri deformi dall’imperturbabile ansietà della Tv via cavo e di altri ammennicoli che trasformano lo scrivere in un gergo pralinato, ricontestualizzandolo con odio, scompaiono miserevolmente.
Ed è Céline, proprio lui, il corazziere, il medico-scrittore, un reietto additato di essere antisemita pandemico, dalle vesti di colono d’Africa che riconosce le storture coloniali, il celtico di origine bretone, che tra un viaggio nell’Inghilterra delle mode esotiche e uno a New York, sino a blandire le foreste boreali del Canada e le coste di Cuba, divenne cosmopolita nell’accezione del termine. Anticipando, di parecchi anni, la fine dei nazionalismi e, di quell’Europa, nel pieno delle due guerre mondiali e della ricostruzione.
In questo libro che svela l’intimità spensierata e il baratro profondo di Céline, è possibile sperimentare i diversi stati d’animo acuiti dalla necessità di mettersi in salvo dalla forca dei vincitori e dal disprezzo dei vinti.
Ed ecco allora, farsi strada l’inquietezza, l’ira ed il fluire spontaneo del periodo della prigionia danese di Copenaghen, tangibili come l’amore di Lucette, la seconda moglie, così discreta che tanto si discosta dalle sue amanti, dalle sue lettere audaci e dalla frenesia di erotismo e di una sessualità dirompente; così diversa/o dalle invadenze fallocratiche di Elsa Triolette e da Louis Aragon, marito docile ed arrendevole della scrittrice russa naturalizzata francese.
I ricordi e gli echi lontani di Céline, seguiti come un’ombra dalle fusa del caro Bébert, il gatto fedelissimo che si portava sempre a zonzo in un tascapane, le lettere tradotte alla perfezione dall’ «argot français» il linguaggio popolare dei “dannati” della strada, tradotto alla perfezione dall’autore ed alternato negli scritti di Ferdinand ad un tipo di letteratura dallo spessore inconfondibile, fanno del saggio di Lombardi un’opera da collezione, all’altezza del “campione dei poveri”.
Andrea Lombardi
Louis-Ferdinand Céline – Saggi, interviste, ricordi e lettere
Editore Italia Storica, Genova, 2016
Ppgg. 324, euro 34,20
Info: http://lf-celine.blogspot.it/