Personalmente mi è capitato raramente di leggere un volume, il cui titoli fotografi in modo centrato e felice il contenuto. È il caso, ottimo, del libro di Dino Messina “Italiani per forza. Le leggende contro l’Unità d’Italia che è ora di sfatare”. Ma andiamo per ordine.
L’Italia è terra ben singolare: si rivendicano solennizzazioni per stragi o presunte tali piemontesi e si ignorano o trascurano i 100 italiani, di ogni regione, caduti sotto i bombardamenti angloamericani (1943 – 1945) e le migliaia di vittime stupri e violenze, le c.d. marocchinate del Basso Lazio. Esistono ancora oggi come città come Gaeta ed altre in Campania, Basilicata e Calabria, in cui il nostalgismo, come rivediamo nelle pagine limpide di Messina, è animato o meglio posseduto dal puro spirito contestativo.
Il sottoscritto è stato sempre contestato con l’epiteto di “comunista” per le puntuali e determinate critiche al legittimismo. Quali conseguenze, quali verità si segnerebbero se avessero fondatezza e concretezza le risultanze di indagini neoborboniche? Il Regno delle Due Sicilie era minato da un’arretratezza insanabile e mai risultati tangibili sarebbero stati conseguibili con struttura fragile, pilotata e decisa da nazioni lontane, miranti solo alla colonizzazione e alla subordinazione, mai volte a metamorfosi evolutive.
Giungiamo ora all’esame diretto del lavoro di Messina, un giornalista capace ad enucleare con sobrietà ed efficacia la verità ed i temi cruciali. Il maestro della storia militare del Risorgimento, Piero Pieri, ha individuato le cause dello sfacelo di un esercito, guidato senza nerbo e senza contatti efficaci con la realtà. Messina rileva anche e non cela il pesante errore normativo compiuto dallo Stato unitario con “l’introduzione della legislazione sull’esproprio dei beni ecclesiastici”.
Provano l’obiettività del lavoro le pagine nelle quali pone in risalto gli handicap, che minarono l’efficienza dell’esercito piemontese. Il più consistente era (e anche oggi è) “la mentalità burocratica dei vertici e dei quadri”, accanto alle ombre le luci, rappresentate soprattutto “dalla forte motivazione ideologica e dall’obiettivo condiviso e avvertito”.
Per ovvie ragioni lontane dalla puntualità minuziosa, i dati provvisori sulla mortalità dei prigionieri di guerra borbonici (altra leggenda nera…) risultano ben lontani “dalla cifra iperboliche divulgata dalla pubblicistica neoborbonica”. Voglio concludere con un’ammenda personale: per decenni ho privilegiato e considerato con merito le opere fondate sulle note e da indicazioni di appoggio. Il lavoro di Messina con bibliografia ed indice dei nomi ne riporta un numero contenuto e sobrio. Il testo è sostenuto e confortato principalmente dalle radici e dalle ragioni di fondo unitarie, contro le quali si adoperano leggende, autentiche astrazioni o invenzioni, fabbricate dietro le quinte.
Riconosco poi a mio demerito remoto il giudizio negativo espresso sui primi passi professionali di Carmine Pinto, autore più volte citato e richiamato da Messina, in una prova concorsuale all’Università di Salerno. Da allora “molta acqua è passata sotto i ponti” con una trasformazione critica lodevole e proficua.
Il legittimismo, invece, da parte sua, nelle parole e negli scritti, è mosso solo da acido rancore, ed è vivo nel buio e senza futuro.
Dino Messina, Italiani per forza. Le leggende contro l’Unità d’Italia che è ora di sfatare, Milano, Solferino, 2021, pp. 264. € 17,00.