A Centocelle hanno bruciato per la seconda volta la libreria “La pecora elettrica” punto di riferimento e aggregazione della sinistra locale. A quanto pare il fatto sarebbe da ricollegare alla delinquenza comune che, infastidita dalla presenza di attività commerciali in una zona di spaccio, poco tempo fa aveva bruciato anche la pizzeria che si trova di fronte alla libreria.

Il grave episodio ha suscitato (giustamente) indignazione, ma il caravanserraglio politico intellettuale di sinistra, sdegnato, si è fatto prendere un po’ la mano approfittando dell’occasione per tirare in ballo l’eterno pericolo “fascista”. Matteo Orfini, ad esempio, che se la prende con ’”estrema destra e criminalità organizzata” che “spesso a Roma hanno camminato a braccetto attaccando spazi di cultura e libertà“; Monica Cirinnà: “La cultura è l’unico vero antidoto a tutti i fascismi. Non passeranno“; Cecilia Strada: “La violenza fascista attacca i luoghi di cultura perché la cultura rende gli uomini liberi” o il governatore della Toscana Enrico Rossi: “ora, come allora i fascisti, la destra estrema e la criminalità bruciano i libri e attaccano gli spazi culturali e democratici. Certo la storia non si ripete mai, ma fa le rime” al quale va forse il premio per la dichiarazione più stralunata.
Per il resto alla gara della (giusta) solidarietà non si sottrae nessuno: la Murgia, Saviano, il ministro Franceschini, la Raggi (che paradossalmente chiede “chiarezza” proprio come gli abitanti di Centocelle che però si riferiscono illuminazione pubblica), Zingaretti, la Boldrini, Stefano Fassina (“Bruciare libri è un atto di squadrismo“) e altre comparse più o meno note della solita compagnia di giro tra le quali anche Cristian Raimo, che da consulente del Salone del Libro di Torino era stato animatore della censura politica dei libri di destra, con tanto di liste di proscrizione.
Non poteva mancare l’illuminato pensiero di Concita de Gregorio che dal pulpito di Repubblica si chiede beffardamente come mai i populisti di destra non vadano a Centocelle a difendere quella libreria e perché non si muovano in difesa di una libreria italiana presa di mira dalla criminalità quelli di CasaPound. La domanda, cara signora Concita e cari tutti quelli sopra citati, è mal posta o quanto meno posta in ritardo. Prima ce ne sarebbe un’altra.
Ben prima del caso della Pecora Elettrica ci sono stati quelli della Libreria Spazio Ritter di Milano (unico spazio di aggregazione culturale di destra in città) e quello, ancora più grave, della libreria Il Bargello di Firenze.
La prima bruciata nel 2015 da attentatori mai individuati, ammesso che qualcuno abbia mai fatto qualcosa per individuarli, senza che ci sia stata una mezza parola di riprovazione o solidarietà né da parte dell’allora sindaco Pisapia, nè da nessun altro. La seconda, considerata vicina a Casapound, prima bruciata (nel 2016) poi a capodanno del 2017 oggetto di un attentato dinamitardo che è costato un occhio ed una mano ad un artificiere della Polizia e per il quale è stato condannato un gruppo di antifascisti anarchici
Dov’erano allora la simpatica Concita e tutti gli altri indignati di oggi? Perché tutti quelli che adesso si stracciano le vesti per la Pecora Elettrica non hanno mai detto una parola per la Ritter e Il Bargello? Non sarà mica perché ci sono libri che si possono tranquillamente bruciare (o censurare) e libri invece intoccabili? Il problema esiste quando bruciano i libri o solo quando bruciano certi libri?
Chi risponde a questa domanda? De Gregorio, Raimo, Boldrini, Saviano, nessuno?