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Home Penna Pellicola Palco

Romanzi gotici/ Metti una sera a cena Lord Byron e Mary Shelley….

di Massimo Maraviglia
9 Novembre 2021
in Penna Pellicola Palco
0
Romanzi gotici/ Metti una sera a cena Lord Byron e Mary Shelley….
       

Nel proliferare contemporaneo di romanzi storici si può trovare di tutto e non tutto di qualità. Per scrivere romanzi storici bisogna avere senso storico, merce che in Europa, complici le numerose malattie culturali provenienti dal mondo anglosassone, risulta sempre più rara. Nemesi luminosa: proprio quel mondo, nelle sue produzioni migliori, viene valorizzato da questo geniale testo di Mario Bernardi Guardi. Vi si tratta della vicenda di un protagonista del soggiorno di Villa Diodati a Ginevra, uno degli episodi cruciali del romanticismo inglese, con la famosa tenzone letteraria sorta nella compagnia di George Gordon Byron, Mary e Percy Shelley, John Polidori e Claire Clermont.

Chi scriverà la storia più intrigante di spettri, fantasmi, mistero e orrori di un’umanità da sviscerare nei suoi aspetti più profondi e perciò anche più oscuri? La notte del 16 giugno 1816 fu indetta questa sfida ai cieli e agli inferni letterari, che fu poi al centro di numerose leggende, leggende gotiche, ça va sans dire, ma anche di opere di altissimo livello e di uguale notorietà, anzitutto il Frankenstein di Mary Shelley, ma poi anche The vampire di Polidori e La sepoltura di George Byron.

Bernardi Guardi assume su tale vicenda il punto di vista originale e interessante della tragedia di John Polidori, medico italiano e segretario-amante di Byron, che, a stare ai resoconti di polizia, si suiciderà nell’agosto 1821, a qualche anno dal soggiorno svizzero e dal suo successivo, brusco licenziamento. La triste e tormentata traversia del medico venticinquenne diviene argomento di discussione, recriminazione, rivisitazione critica e ripresa polemica da parte dei suoi amici.

Lo sfondo è quello della notte del mistero e delle relazioni morbose e appassionate che si erano allacciate nelle stanze di villa Diodati, nell’estate senza sole del 1816, l’anno dell’eruzione del vulcano Tambora. La morte addosso ne presenta una sinfonia gotica a più voci: il padre di John che rivede nel legame del figlio con Byron la sua altrettanto tormentata vicenda di segretario di Vittorio Alfieri; Mary Shelley, fragile e idealista, per un momento amante, oltre che confidente, di John; Claire Clermont, avvelenata concubina di Byron, che decostruisce e disincanta i romanticismi della sorellastra Mary; Byron stesso che avanza dubbi sulle sue ex amanti divenute amiche di John, ma rimane ancorato alle sicurezze sullo stile ineguagliabile della propria vita e del proprio genio … e infine John e i suoi diari, confessione di colui che si offre quale olocausto per le sue stesse trasgressioni il cui peso non sa reggere, esploratore e al tempo stesso vittima dei sortilegi esistenziali praticati dai suoi sodali.

La bellezza delle trame oscure evocate da Bernardi Guardi attorno a John e alla sua fragilità non risiede solo nel loro milieu gotico, fatto di vampiri assetati di sangue e mostri partoriti dalle più ardite fantasie prometeiche e scientifico/religiose, ricostruito perfettamente pur a rapide e sparse pennellate, ma nell’allusione alla sua radice romantica. Sono i miti del romanticismo a diventare vita e tragedia nelle pagine de La morte addosso, i miti di una natura vivente e animata da misteriose presenze spirituali, del genio indagatore dell’oltre e dell’ infinito, dell’insoddisfatto Streben di superare se stessi, dell’isterica insoddisfazione di chi vede l’infinito sempre dissolversi fra mani e piedi, della bava maleodorante e nichilistica che lascia l’odio per ogni ordine e armonia della vita, considerati acerrimi nemici della vaga grandezza di cui si sente bruciante la nostalgia…

L’abbandono definitivo del bello per il sublime, senza alcuna legge morale a dominare la sua sproporzione, che trova nella sproporzione del desiderio sessuale il suo simbolo più trasgressivo, trasforma le relazioni, le impregna di sé, e genera la grande comunità degli egoisti (l’Unico non avrebbe certo sfigurato nella compagnia). Polidori ne rimane vittima, egoista incompiuto, le cui esperienze trasgressive non sono accompagnate dal cinico distacco di una superiore ma disumana libertà, come quella del suo mentore e padrone Byron.

Questo romanticismo è la modernità in statu nascenti. Tutto vi è contenuto: l’illuministica fiducia nel progresso della scienza e l’oscuro presentimento dei suoi esiti distruttivi; il libertinismo di ascendenza sadiana e l’amoralismo antiegualitario del genio; la distruzione delle strutture mentali ed etiche della tradizione cristiana e il vagheggiamento di un’età dell’oro selvaggia e incontaminata; l’idea di una civiltà libera e di una libertà politica in cui il mito dell’uguaglianza e dell’antiautoritarismo convive con la dittatura del risvegliati e degli illuminati …

E il tutto converge nella sintesi sovrumanista della volontà di potenza negatrice di Dio e del mondo e incarcerata tuttavia nella prigione senza muri dell’Io. Qui troverà la morte Polidori, e la sua morte potrebbe divenire immagine della morte di un’intera civiltà, il cui luogo di senescenza furono le profondità anarchiche dell’inconscio emotivo, romanticamente devote al Lustprinzip, appena illuminate dalla luce fioca dell’utopia e del libero amore, seduttiva come un’atmosfera, intrigante come un chiaroscuro, promettente come una carezza, crudele come un coltello che trafigge le carni e le illusioni.


 Mario Bernardi Guardi, La morte addosso, Mauro Pagliai Editore, Firenze 2021, E. 14

Tags: George Gordon ByronletteraturaMario Bernardi GuardiMario Pagliai editoreMary Shelleyromanticismo
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