Aldo Cazzullo ha squadernato in questi giorni, asservendosi a schemi di avvilente faziosità, il concetto guida e faro che “i valori della Resistenza dovrebbero appartenere a tutti. Libertà, democrazia, antifascismo [giammai anticomunismo], rifiuto dell’antisemitismo, del razzismo, della violenza politica, della criminalizzazione del dissenso dovrebbero essere a priori condivisi da chiunque faccia politica e partecipi alla vita pubblica”.
Nello stesso numero del quotidiano di via Solferino, lo stesso Cazzullo, o più probabilmente un suo omonimo, ha presentato una lunga intervista a Santiago Abascal, il”discusso leader di Vox”, l’”ultradestra” spagnola.
Le domande – sorpresa estrema – sono state poste con serietà e senza settarismo aprioristico.

Abascal, l’arfefice del clamoroso risultato dell’”estrema destra”, una etichetta di per sé mortificante e squalificante, passato da 47 mila a 3 milioni e 600 mila voti), ha messo a fuoco le idee del proprio movimento (“una forza che difende idee che erano fuori dalla mappa politica della Spagna”), che pone come “alternativa politica e sociale progre”, che in Italia subiamo come sinistra radical chic, progressista e nemica della morale e dei costumi tradizionali.
Il leader – e la proposta potrebbe essere avanzata anche nella nostra terra dal movimento della Meloni, presente al Parlamento nello stesso gruppo – annunzia la presentazione di un progetto normativo, volto a “dichiarare fuorilegge le formazioni che attentano all’unità nazionale, non solo quelle con il fine esplicito ma anche quelle, come capita da noi, dall’obiettivo disgregatore strisciante.
Abascal non nasconde le differenze piuttosto nette, si potrebbe dire salienti e caratterizzanti, con Salvini, con il quale condivide “alcune diagnosi sui problemi dell’Unione europea, segnando e sconfessando, in termini espliciti, la “linea rossa dell’ appoggio al separatismo catalano, contro cui si schiera in termini espliciti al massimo severi.

L’esponente di punta di Vox è palesemente distante dal centro destra, che ha assorbito “il modello di società multiculturale, l’ideologia di genere, la legge sulla memoria storica, l’immigrazione illegale incontrollata, e tutela ad oltranza delle autonomie, quando non la trasformazione della Spagna in uno Stato federale”.
Si professa, in termini netti ed aperti, su una linea, su cui dovrebbe convergere FdI, quello di “una Spagna unita nelle sue diversità, che superi le ideologie settarie, si riconcili con la propria grandiosa storia. Una Spagna che affronti il nuovo millennio accanto alle grandi nazioni, perché la Spagna [come, nonostante tutto, anche l’Italia] ha ancora molto da dare alla storia universale”.
Una storia, che sia attenta alla realtà e ostile alle letture apparentemente ingenue e quindi fuorvianti sulla fine, pretesa e presunta, del comunismo, sostenute da vessilliferi della grande stampa (v. ad esempio, uno fra i tanti, Ezio Mauro).