Mentre i più ottimisti e gli atlantisti più impenitenti – categorie che in questo caso solitamente finiscono per coincidere – ancora attendono con ansia l’effetto “arma di fine di mondo” delle sanzioni sull’economia russa, la realtà continua a fornire indicazioni che dovrebbero spingere ad una più attenta valutazione e, soprattutto, a non confondere i desideri e gli auspici con quanto poi effettivamente accade.
È notizia di tre giorni fa – passata sotto silenzio in Italia – che il gigante indiano del cemento UltraTech Cement ha pagato un carico di carbone russo in yuan cinesi. Per le 157mila tonnellate di carbone partite dal porto russo di Vanino è stato versato un corrispettivo di quasi 173 milioni di yuan, già bonificati al produttore Suek. Il dato è particolarmente rilevante sotto il profilo politico, prima ancora che economico, se si considera che è la prima volta che una grande società indiana utilizza valuta cinese per operazioni di commercio internazionale.
Notizia che va ad aggiungersi a quella della crescita delle esportazioni energetiche russe vero oriente – India e Cina in primis, ma non solo – con un reindirizzamento dei flussi la cui velocità ha sorpreso molti, ed al crescente attivismo dei Paesi dei Brics, cinque nazioni che rappresentano il 42% della popolazione mondiale ed il 24% del pil. E di cui ambiscono a far parte Paesi come l’Iran – quarto detentore mondiale di riserve petrolifere – e l’Argentina, nazione economicamente in affanno quanto demograficamente e geograficamente strategica nella metà meridionale del mondo.
Ebbene, uno degli obiettivi dichiarati dei Brics è il rafforzamento di un sistema – economico in primis, ma ovviamente anche politico – multipolare, slegato dal dominio statunitense. Un rafforzamento che passa anche dal superamento del dollaro come valuta di riferimento internazionale e dalla creazione di un sistema di pagamento alternativo allo swift. Mentre su quest’ultimo punto qualcosa già era stato fatto, in particolare dalla Cina, sul superamento del dollaro c’erano molte più riserve.
Il segnale che arriva dall’India dimostra che anche su questo tema non esistono più tabù inviolabili. Ed i primi che farebbero bene a cogliere questo cambiamento sono proprio i leader dei Paesi del G7: il rischio è che guardino al mondo attraverso lenti che restituiscono una immagina falsata.