“Sardineeeeee, sardineee freschissimeeeee, venghino signori oggi abbiamo le belle sardineeeeeee” al mercato del pesce della politica italiana i pescivendoli televisivi e dei giornaloni (oramai buoni giusto per incartare il pesce) urlano per attirare l’attenzione sulla la nuova merce scaricata a sorpresa sui loro banconi mediatici: sardine fresche, pescetti notoriamente poveri (di idee in questo caso) ma che in mare (o in piazza) con la luce giusta possono brillare come argento.
Certo, sarebbe stato meglio servire alla clientela branzini, rombi, ostriche o aragoste su piatti d’argento, ma questo passa il convento della sinistra, mediatica e non: un cartoccio (oltretutto già usato) pieno di giovani, ingenue e ridicole sardine.
Al baraccone politicamente corretto non resta che far buon viso a cattivo gioco e cercare di gonfiarle e imbellettarle il più possibile esagerando e sparandola grossa, come fanno di solito i pescatori della domenica.

D’altra parte la situazione ittica è drammatica e non si può andare troppo per il sottile: il capitone padano e la donzella della Garbatella, trascinandosi dietro il vecchio tricheco oramai politicamente spiaggiato, continuano crescere nelle preferenze dei consumatori del pesce politico e non si può certo lasciargli impunemente il mercato, men che meno quello delle ricche pescherie dell’Emilia Romagna da sempre imbottite di pesci rossi.
Purtroppo il tentativo di combinare i voraci trigoni del PD con i pesci pagliaccio a 5 stelle si sta rivelando un buco nell’acqua di mare. Nonostante gli sforzi dei pescivendoli di cui sopra di questa sbobba i clienti non ne vogliono sapere e il naufragio sembra avvicinarsi, favorito anche dalle insidie del pesce palla toscano e nonostante una efficiente rete di protezione manovrata da molti pupari interessati.
Di fronte al pericolo il trigone PD non ha trovato di meglio che mimetizzarsi e nascondersi sotto la sabbia, far sparire ogni sua traccia dal listino prezzi delle pescherie emiliane e mandare avanti il banco delle sprovvedute sardine che, credendosi barracuda, vanno all’attacco dell’odiato capitone padano illudendosi di poterlo divorare.
Servirà a qualcosa? In quanti, attratti dall’esca delle sardine, abboccheranno all’amo come tonni? Lo scopriremo solo vivendo, come si cantava una volta.
Perchè un conto è quello che ti fanno vedere nelle loro stantie vetrine mediatiche certi imbonitori faziosi, capaci di gonfiare a dismisura una sardina e spacciarla per un capodoglio, un altro la realtà, dove abbindolare i mangiatori di pesce elettorale è molto più difficile, tanto e vero che questi continuano a preferire, e di molto, la ricetta a base di donzella e capitone.

Fortunatamente per il trigone PD, insabbiato, e per i pesci pagliaccio a 5 Stelle, oramai più disorientati di una trota nell’Oceano Pacifico, la stagione della pesca elettorale è ancora chiusa e la loro maleodorante zuppa di pesce governativo per il momento può continuare ad intossicare gli stomaci italioti, pur abituati da decenni a digerire di tutto.
Così l’azzimato e inconsistente polipo che la sta propinando rimane ben avvinghiato con tutte le ventose allo scoglio di palazzo Chigi dopo avere opportunamente cambiato colorazione, come è abitudine della sua specie, ed avere sparso un bel po’ di inchiostro (scadente) per confondere le acque.
Intanto dall’acquario del Quirinale tutto tace. Lì comandano gli stoccafissi, molto fissi. Non hanno fatto una piega nemmeno di fronte alla inopinata ricomparsa del velenoso scorfano francese, scaduto da molto più di tre giorni e quindi oramai puzzolente, inviato dagli squali di Bruxelles per imporre l’adozione di certe immonde ricette indispensabili per le aringhe affumicate del Mar Baltico ma esiziali per il buon pesce nostrano.
Tutto perché la cozza germanica che, grazie al determinante aiuto dei pesci pagliaccio a 5 stelle, deve subentrare nella gestione della pescheria di Bruxelles è ancora intrappolata in una nassa e non riesce a servire la sua frittura di paranza europea dopo che la triglia francese, ingrediente essenziale, è stata malamente bruciacchiata in una padella troppo calda.
Vuoi vedere che finisce tutto a pesci in faccia, a Roma e a Bruxelles?