L’intelligence italiana conosce bene la pratica. I file sul Moas e sulle altre Ong in grado di mandare navi davanti le coste libiche incominciarono a venir redatti fin dall’inizio di Mare Sicuro, la missione navale per la difesa degli interessi nazionali varata nel marzo 2015.
Ma la rivelazione più interessante è un’altra. Secondo fonti militari di Malta le attività del Moas coprono attività d’intelligence per conto del governo statunitense. E secondo le stesse fonti su almeno una delle due navi del Moas sono, o erano, installate strumentazioni per intercettazioni ad ampio raggio. Nulla d’illegale per carità. Negli Stati Uniti l’intelligence outsourcing, l’affidamento di operazioni di spionaggio a società private dà lavoro a 45mila persone e spartisce fondi per 16 miliardi di dollari. Il problema è la copertura sotto cui il Moas svolge la duplice attività. Il coordinamento delle operazioni di soccorso viene infatti realizzato con il coordinamento della Guardia Costiera. Come se, insomma, un’ambulanza in capo al 118 o a un altro numero di pubblico soccorso, utilizzasse la propria attività per raccogliere informazioni finalizzate alle strategie di potenze straniere.
Non a caso il comandante generale della Guardia Costiera ammiraglio Vincenzo Melone è atteso in Commissione Difesa del Senato per rispondere, già martedì prossimo, a domande che riguarderanno non solo l’esigenza di salvare i profughi in mare, ma anche di preservare gli interessi nazionali in un’area critica come le coste della Libia. Interessi apertamente calpestati dal Moas che per primo – come rivelano sia le segnalazioni di Mare Sicuro, sia dalla missione europea EunavFor Med – iniziò a varcare il limite delle acque territoriali libiche. Tra le quattro operazioni al di sotto delle 12 miglia messe sotto esame nel 2016 due vennero portate a termine tra giugno e luglio dal Phoenix e dalla Topaz-Responder, le due imbarcazioni di 41 e 50 metri in capo al Moas registrate in Belize e nelle isole Marshall. Operazioni registrate dai trasponder di bordo sicuramente non sfuggite all’attenzione della Guardia Costiera.
Il tutto mentre la moglie Regina spiegava sul sito Open Democracy – un’organizzazione di George Soros – la necessità di garantire agli immigrati accessi facilitati in Europa. Referenze complicate e imbarazzanti. Capaci di vanificare anche le esigenze di sorveglianza attribuite solitamente a un governo.