Quando la sinistra organizza un corteo per le vie di una città, quasi sempre avviene un fatto curioso. Poco prima della sfilata, gli abitanti della zona, quelli accorti, spostano le loro auto e le parcheggiano un po’ più lontano, i commercianti abbassano le loro saracinesche e i condomini che hanno finestre e balconi sulla strada, tirano giù le tapparelle; questo sia che i manifestanti appartengano ai centri sociali, alle comunità arcobaleno, alla sinistra più istituzionale. Saranno eccessi di prudenza ma non si sa mai, che non ci scappi qualche molotov, una fitta sassaiola, una picconata su una vetrina, un lacrimogeno impazzito, oltre alle immancabili scritte di vernice di artisti incompresi sui muri dei palazzi. Questa diffidenza non si manifesta quando a sfilare per le strade sono i simpatizzanti della destra, che più che sventolare bandiere e lanciare slogan non fanno e pericoli alla gente non creano.
Forse è solo per questo, per un’invidia preconcetta, che la sinistra sbraita sempre per vietare i cortei della destra? Ad essere ottimisti certo, ma rimane sempre il tentativo inutilmente provocatorio di far cadere i giovani di destra nello scontro di piazza per poter dire che i cattivi sono loro. I giornalisti mainstream non aspettano altro, sguinzagliati per le strade alla caccia del fascista.

Alla vigilia del 29 aprile raccolgo la testimonianza di Nella, un’amica di mia sorella, è nata e da sempre abita nel quartiere dove viveva Sergio Ramelli.
Ancora oggi si ricorda il giorno della morte di Sergio: aveva quindici anni , una ragazzina ma in fin dei conti solo quattro anni in meno di lui. Quei tragici momenti, lo strazio dei racconti di chi ha visto o ha saputo, sono rimasti impressi nella sua memoria, sono nitidi ed indelebili, ma Nella mi dice che tutto il quartiere ancora oggi non dimentica. Sergio Ramelli era un giovane martire di destra ma era anche un ragazzo di quel quartiere, che apparteneva a quella realtà, come la sua famiglia. Quel giorno i compagni si presero uno di loro, un volto familiare, una presenza, un sorriso, di cui magari ti accorgi solo quando viene a mancare. Il quartiere non ha potuto poi ignorare tutta la via crucis della famiglia nei giorni e negli anni successivi a quel vile agguato.
Nella abita molto vicino a quella che era casa Ramelli, si ricorda ancora che in quei giorni del 75 molti temevano che anche la ragazza di Sergio subisse la stessa sorte; rimase segregata in casa , mi dice. Il suo quartiere viveva in uno stato di perenne tensione ; mi racconta che capitava che gli abitanti, in segno di solidarietà, regalassero dei limoni ai poliziotti, in previsione di scontri di piazza, casomai le nubi dei lacrimogeni colpissero anche loro; in zona c’erano case occupate dai compagni, veri covi di spedizioni punitive.
Ancora oggi Nella e molti suoi amici e vicini di casa, partecipano alle celebrazioni in ricordo di Sergio e si uniscono ai giovani di destra che portano un cero ed una preghiera davanti al muro dove fu sprangato. Nella chiesa di San Nereo, mi racconta, la messa di quei giorni assume un’importanza particolare e chi appartiene al coro si sente più partecipe nei canti durante la funzione.
Quello che il compagno sindaco Sala non capisce, ma probabilmente non gli interessa nemmeno, è che quel corteo silenzioso, composto da qualche migliaio di giovani, al cui passaggio si sente solo lo sfrigolio delle torce accese e lo sventolio delle bandiere ed in cui una sola parola, “Presente!”, ripetuta tre volte , squarcia l’aria , non è un corpo estraneo per il quartiere. Esiste una partecipazione sommessa ma viva, è palpabile una commozione partecipe tra chi guarda dalle finestre, tra chi si ferma a con rispetto al passaggio del corteo, tra chi assiste alla messa in chiesa e riceve l’Eucaristia insieme ai tanti ragazzi accorsi da ogni parte d’Italia.
Compagno Sala, si soffermi un attimo sulla fotografia di Sergio: vede quegli occhi vivi ancora oggi, che ti guardano diritto dentro al cuore, che non sono ammonitori, che non minacciano, che non sono tristi, ma che ti penetrano nella coscienza, per quella gioventù strappata alla vita. Puoi ignorarli ? Chiunque non ci riuscirebbe, a meno che, compagno Sala, tu sia quello perduto.
propongo che si chieda un colloquio col Ministro degli Affari Interni, Matteo Salvini, potrebbe cambiare una decisione tanto oltraggiosa
sono felice che i nostri rappresentanti politici siano scesi in strada con la propria gente, mi auguro un cambiamento di stile e sostanza della nostra classe dirigente. Piu popolo meno elite. Per quanto riguarda il Sig. Sala faccia cio’ che vuole non mi riguarda problemi suoi e della sua dignità, anzi mi troverei in imbarazzo dover essere d’accordo con simili persone.