L’ultimo numero della rivista “Cristianità” — organo ufficiale di Alleanza Cattolica — si apre con un editoriale di Marco Invernizzi che commenta l’inattesa vittoria di Donald John Trump. Invernizzi, apre con una celebre frase di Pio XII:“E’ tutto un mondo che occorre rifare dalle fondamenta”. Per certi versi, con la vittoria di Trump alle elezioni presidenziali statunitensi, secondo Invernizzi,“si apre una stagione politica inedita, che potrebbe essere piena di sorprese”. Anche se questa elezione non deve scatenare troppe illusioni, non basta una vittoria elettorale per salvare il nostro mondo occidentale, che è ormai in via di estinzione. Comunque sia, qualche speranza per una nuova civiltà esiste. Pertanto,“è corretto pensare che questa elezione avrà possibili e importanti conseguenze, quanto meno per rallentare nei popoli di tutto il mondo quel processo di disgregazione del corpo sociale e di allontanamento dai principi del diritto naturale che la vittoria di Hillary Clinton avrebbe certamente favorito”. E le previsioni di Invernizzi sembrano diventare realtà, infatti, dopo la prima settimana di governo Trump, di sorprese ce ne sono state tante.
Il nuovo presidente americano, in un attimo, ha eliminato“le sezioni più ideologiche” del governo Barack Obama, firmando un decreto che toglie i finanziamenti federali alle lobby internazionali che praticano o promuovano l’aborto. Altra misura significativa, ha eliminato dal sito della Casa Bianca, la sezione che riguarda i cosiddetti diritti dei movimenti LGBT. Pertanto, può scrivere Marco Respinti, esperto di politica americana:“Oggi, il presidente Donald J. Trump torna finalmente a negare quei denari insanguinati”. Queste misure erano state reintrodotte da Obama, all’inizio del suo mandato, che “[…] dietro la carità pelosa della “sanità per tutti”, ha spinto al massimo l’imposizione del “controllo delle nascite” (contraccezione, aborto e sterilizzazione) dichiarando guerra alle coscienze e alla libertà religiosa, oltre ad avere reso i cittadini più dipendenti dallo Stato e più poveri per effetto della levitazione enorme dei costi assicurativi. L’ordine esecutivo di Trump (sostanzialmente un decreto-legge) non ha il potere di cancellare la riforma obamiana, giacché l’attività legislativa spetta al Congresso, ma, nei termini consentiti dalla legge ovvero sfruttandone anfratti, clausole e falle, rivendica il diritto di spuntarne quanto più possibile l’arma sinora più acuminata: l’obbligatorietà. Un buon inizio”. (Marco Respinti, Principi non negoziabili fra le priorità di Trump, 25.1.17, LaNuovaBQ.it)
Infine da segnalare la significativa partecipazione del vice presidente degli Usa, Mike Pence alla 44a Marcia nazionale per la Vita che si è svolta a Washington, la madre di tutte le marce per la vita e per certi versi di tutti Family Day. Era la prima volta nella storia, che sul palco dei pochi e selezionatissimi oratori, saliva un rappresentante dei vertici delle istituzioni statunitensi, ma senza esagerare si può scrivere che è salita “la Casa Bianca”.
Certo dopo questi primi provvedimenti,“il mondo non è diventato migliore e sarebbe da stolti pensare che automaticamente possa migliorare soltanto per un’elezione politica, per quanto forse la più importante del mondo”.
Perchè il mondo diventi migliore, dipende da noi, in particolare da “quei gruppi, quei movimenti e quelle associazioni, presenti pure negli Stati Uniti d’America, capaci di leggere la storia e i segni dei tempi, per cercare quindi di orientarla”. Invernizzi, è chiaro, “La loro azione sarà importante per cogliere l’opportunità di questa incredibile sconfitta dei potenti, per trasformarla in un cambiamento culturale e non solo degli assetti del potere. Altrimenti sarà soltanto un tempo guadagnato, un rallentamento del processo che conduce alla morte del nostro mondo occidentale”.
Sostanzialmente bisogna ricominciare da quei 60 milioni di persone che hanno votato Trump, un popolo semplice, ma autentico, che non si è lasciato suggestionare dai “poteri forti”, dai media di quasi tutto il mondo, dai politici progressisti, dagli intellettuali più famosi, dall’intero mondo dello spettacolo, che erano schierati con Hillary Diane Rodham.