Franco Servello, calabrese doc e milanese d’adozione, è stato giornalista, deputato e presidente del gruppo parlamentare del MSI alla Camera, senatore e capogruppo di AN alla Bicamerale e – da uomo di lunga esperienza politica e dai percorsi complessi – ricorda così l’esperienza dei “Moti di Reggio”.
Onorevole Servello, in questi giorni ricorre l’anniversario dei “Moti di Reggio” e noi ne approfittiamo per fare un salto nel passato: cosa furono realmente i moti?
Ricordo perfettamente, ero amico di Franco. I “moti di Reggio” hanno rappresentato una realtà dimenticata, il reagire, il trovare una bandiera: Reggio come capitale della Calabria stessa. E’ stata un’esperienza positiva. Animatore della rivolta fu Francesco “Ciccio” Franco, sindacalista missino, che verrà plebiscitariamente eletto senatore alle successive elezioni Politiche con il 36,2% dei consensi.
Fu un grande successo, lo ricordo bene. Franco era un trascinatore, interpretava una politica diversa, diretta al popolo, suscitava sentimenti: era tutto. Venne anche a Milano, erano i tempi in cui eravamo guardati con qualche timore e si evitavano le nostre presenze.
Nonostante sia stato un fenomeno in grado di coinvolgere larghissima parte della popolazione reggina, si tratta di un evento che ha quasi cessato di esistere nella memoria storica. Come mai?
E’ stato possibile perché ha rappresentato un tipo di reazione popolare in un periodo in cui la politica italiana era di assestamento e aveva rapporti stretti con gli Alleati. La rabbia popolare aveva scarsi megafoni e nessuno capiva, spiegava il dramma della città e le aspettative tradite.
Cosa rimane di quella esperienza e di quello spirito movimentista?
Devo dire – con amarezza – che oggi resta poco, perché il ricordo è spento. Non c’è editoria, non se ne parla nelle scuole poiché rappresenta un punto positivo in uno scenario oscurato.
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E’ anche necessaria, per capire l’avvenuto e interpretare l’oggi, un’analisi delle tensioni che contrapposero Ciccio Franco ai vertici del MSI e le perplessità che spinsero, agli inizi della rivolta, il partito, come dimostra la collezione de Il Secolo, a essere ostile alla protesta.
Mi permetto sostenere che ogni eventuale iniziativa per “ricompattare” e “rilanciare” una forza politica di alternativa non può prescindere da una onesta e completa rilettura del passato.
Maurizio ha ragione. In questi anni ho ascoltato i racconti dei protagonisti di quegli anni. Il Msi come tanti altri partiti non comprese le ragioni della rivolta. Fu quello un grande errore politico