Si riaccende lo scontro tra unionisti e secessionisti nel Somaliland, stato che ha proclamato la propria indipendenza da Mogadiscio nel 1991, senza tuttavia ottenere alcun riconoscimento a livello internazionale. In un intreccio di interessi politici, economici e tribali, le tensioni che da tempo covavano nella regione di Sool sono divampate in scontri aperti nello scorso febbraio, con epicentro il capoluogo regionale Las Anod.
Nei mesi scorsi una fragile tregua aveva congelato i combattimenti tra le milizie del clan Dhulbahante, favorevole ad un riavvicinamento con Mogadiscio, e le forze di sicurezza del Somaliland, almeno fino all’inizio di questa settimana, quando Las Anod è nuovamente diventata campo di battaglia per i due contendenti. Ad oggi i combattimenti nella regione di Sool hanno provocato circa 300 morti e 2mila feriti, oltre a 200mila sfollati.
La città di Las Anod è stata conquistata dalle forze del Somaliland nel 2007, venendo strappata al Puntland, regione che nel 1991 dichiarò la propria indipendenza dalla Somalia, salvo poi ritornare sui propri passi e diventare uno dei cinque stati che compongono la federazione somala. Più che il passaggio da uno stato all’altro, all’origine delle attuali turbolenze c’è la diversa appartenenza tribale della maggioranza degli abitanti di Las Anod rispetto al gruppo egemone nel Somaliland.
A guidare lo stato secessionista c’è, infatti, il clan Isaaq, forte sostenitore dell’indipendenza, a differenza dei Dhulbahante, tradizionalmente stanziati a cavallo di Somaliland e Puntland e solo parzialmente coinvolti nel processo separatista dei primi anni ’90. Dal 2009 i Dhulbahante hanno avviato un dialogo con il governo di Mogadiscio alla ricerca di una collaborazione e di più stretti collegamenti tra il proprio territorio e quello somalo. Un dialogo che non poteva non provocare la reazione delle autorità del Somaliland.