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I turchi nuovi padroni della Libia. Ad Ankara basi militari e controllo del mare

di Gian Micalessin
21 Agosto 2020
in Home, Mondi
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In Libia, una volta, eravamo la potenza di riferimento. Oggi siamo un sacco da boxe su cui Recep Tayyp Erdogan e la sua Turchia si divertono a scaricare, di tanto in tanto, un paio di destri. Con l’ultimo hanno messo a terra un’Italia che da quattro anni  garantiva la presenza di un ospedale militare, protetto da trecento militari, in quel di Misurata. Un dispiegamentio costoso  per i contribuenti, pericoloso per i militari incaricati di presidiarlo e prezioso per la Libia,  ma su cui  il governo Conte 2  non ha saputo a costruire uno straccio di azione politico, militare e diplomatica. Il risultato si vede.
Lunedì a Tripoli, nel silenzio del nostro ministro degli Esteri  Luigi Di Maio,  i responsabili della difesa turco Halusi Akar e e quello del Qatar  Khalid al Attyha si son fatti firmare dal premier di Tripoli Fayez Al Serraj un accordo grazie al quale parte del porto di Misurata si trasforma in  una base navale turca garantita da una concessione di 99 anni.  In base allo stesso accordo l’aviazione  militare turca potrà utilizzare  la base aerea  di al-Watya nella Tripolitania Occidentale. Il Qatar finanzierà, invece,  la ricostruzione e  gestira, assieme ad Ankara, la riorganizzazione dell’esercito.
Con la firma di quegli accordi  Qatar e Turchia mettono a segno l’obbiettivo perseguito  fin dal 2011 quando – con l’appoggio di Francia e  Nato – organizzarono e guidarono una “rivoluzione” che puntava non solo all’abbattimento del Colonnello, ma  anche all’estromissione dell’Italia. A nove anni di distanza, complice l’insipienza del  governo giallo-rosso, quell’obiettivo si va concretizzando. E a garantirlo contribuisce, ulteriore umiliazione, quella Germania a cui – dalla Conferenza di Berlino di gennaio in poi – abbiamo delegato  la guida dell’azione diplomatica in Libia.
L’accordo per la  definitiva trasformazione  della Tripolitania in un protettorato di Turchia, Qatar e Fratellanza Musulmana è stato firmato mentre a Tripoli era in corso una missione del ministro degli esteri tedesco Heiko Maas. Ufficialmente il ministro tedesco puntava a raggiungere un’intesa  per la trasformazione in zone neutrali di Sirte e dell’aeroporto di Jufra occupati dalle forze del generale Khalifa Haftar e dai suoi alleati.  Difficile però  credere che Maas  ignorasse l’intesa con Turchia e Qatar. Un’intesa che, oltre a estromettere l’Italia, vanifica le presunte sanzioni promesse dall’Unione Europea per bloccare l’espansionismo di Ankara nel Mediterraneo.
L’acquiescenza tedesca non è certo una novità. Soggetta alle minacce esercitate da Ankara grazie all’arma migratoria e alle  pressioni di  una comunità turca forte (curdi esclusi) di almeno tre milioni di individui Berlino si è spesso piegata ai ricatti di Erdogan. A questo punto il governo  dovrebbe chiedersi come ribaltare la situazione di una Tripolitania in cui  prigionieri dell’egemonia turca rischiamo non solo di perdere il controllo di petrolio e gas, ma anche di  venir ricattati con l’arma migratoria visto che gran parte della costa è nelle mani di milizie fedeli ad Ankara.
Il nostro grande handicap è la recalcitranza di un’America restia a mettere con le spalle al muro la Turchia per non facilitare i giochi di una Russia schierata in Cirenaica con Egitto, Arabia Saudita Emirati e Francia. Una recalcitranza che in altri momenti avremmo potuto  ridimensionare proponendoci come alleati capaci  di prendere il posto della Turchia  e re-insediare a Tripoli un autentico governo di unità nazionale.  Ma per riuscirci dovremmo prima insediare un esecutivo degno di quel nome nella nostra  Roma.
Tags: geopoliticaGermaniaLibiaMediterraneoTurchia
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