
L’emergenza umanitaria in Venezuela sta raggiungendo livelli non più differibili. Mancano elettricità, cibo, medicinali; si muore di fame e di malattie comuni nell’indifferenza del mondo. Tra i pochi a mobilitarsi ci sono la Chiesa locale e gli italiani dell’ America Latina. In Uruguay, Brasile, Colombia si sono creati corridoi umanitari di aiuti per gli emigrati italiani residenti in Venezuela. In Italia, a Sulmona, un gruppo di abruzzesi rientrati dal Venezuela è riuscito ad inviare tre tonnellate di farmaci ai propri connazionali in difficoltà, ma parliamo di lodevoli quanto sporadiche iniziative.
Le comunità italiane nel mondo sono ancora legate affettivamente al proprio paese natio, ne sentono ancora le radici nel profondo dell’animo; esiste tuttora un senso di appartenenza che si trasforma in solidarietà dovunque ci sia un connazionale in difficoltà. Qualcosa che noi sembra abbiamo perduto, accecati dall’ideologia e dal provincialismo del pensiero unico.
Nella nostra limitata realtà non si deve ammettere che un paese francamente comunista sia in preda alla fame più nera, che la gente faccia code infinite per poter mangiare, mangiare per sopravvivere ancora un giorno. Un paese in una tale crisi economica che con le banconote locali, tutte assemblate, trattate e cucite sapientemente, è più conveniente creare delle borse originali da vendere nei mercati che utilizzarle per un qualsiasi acquisto.
Meglio qui da noi concentrarsi sull’immigrazione clandestina di marca scafista: fa più radical chic, consente di attaccare il nemico ideologico, dargli del razzista senza costi aggiuntivi.
Ci si fa finanziare impudentemente dai grandi finanzieri alla George Soros ; pecunia non olet, naturalmente, se sei di sinistra.
Si organizzano collette milionarie per predisporre la difesa legale di una figlia di papà, un ricco consulente in un’azienda che si occupa di sicurezza militare, per la “capitana” teutonica con l’hobby di speronare la Guardia Costiera italiana.
Ci si indigna per bufale su presunti finanziamenti russi alla Lega; tutto fa brodo pur di voltarsi dall’altra parte e non guardare la tragedia venezuelana. Ma di soldi per chi muore realmente di fame, tra cui milioni di nostri connazionali, non se ne parla.
Basterebbe anche solo inviare cibo e medicinali, con tutto quello che dilapidiamo non sarebbe neanche un grande sacrificio. L’unica rinuncia vera consisterebbe nel mettere da parte ogni disputa ideologica.
Ma dover ammettere che ci troviamo di fronte all’ennesimo fallimento storico dell’ideologia comunista è per la sinistra ostacolo più grande che salvare milioni di vite. Lasciamole al loro destino : loro vorrebbero soltanto vivere nel loro paese , non hanno cercato di migrare per inseguire facili ricchezze, non si sono fatti irretire da mercanti di merce umana ; un piatto di pasta lo divorerebbero all’istante, senza un lamento o una protesta per il vitto.
Credo che almeno da destra sia giunto il momento di mobilitarsi, anche se abbiamo già perso troppo tempo.