Il recente episodio di cronaca che ha visto coinvolti alcuni ragazzotti a bordo di un SUV a noleggio, resisi responsabili della morte di un bambino di soli 5 anni e del grave ferimento della mamma e della sorella, è solo l’epilogo, o meglio la punta dell’iceberg, di un fenomeno preoccupante quanto malato: il dissolversi della società umana, per come l’abbiamo conosciuta fino ad ora, causata dall’abuso di social media.
Mettiamo alcuni punti fermi: Instagram e Facebook, citati ad esempio perché noti a tutti, cubano insieme più di due miliardi di utenti, cioè più di un quarto dell’intera popolazione mondiale. Questo significa che i social media (nel loro insieme) sono la forza motrice delle nostre relazioni interpersonali e sono la causa di gravissimi problemi: depressione, solitudine, ansia, gelosia e invidia. Questi problemi colpiscono tutti, ma in particolare la popolazione giovanile che oscilla fra i 10 e i 30 anni.
La questione non è più se l’impatto dei social media sull’umanità sia da considerare positivo o negativo, qui si tratta di stabilire quanto è diventato pericoloso l’impatto negativo dei social sul genere umano.
Lo psicologo Brian Jeffrey Fogg è a capo dello Stanford Behavior Design Lab, un laboratorio che inizialmente era stato chiamato Persuasive Technology Lab, un centro di ricerche che si occupa di sviluppare tecnologie utili a “progettare il cambiamento dei comportamenti”, “per aiutare le persone a diventare più felici e più sane” e che chiude la presentazione con un laconico “orgogliosi del lavoro che abbiamo svolto negli anni intorno alla tecnologia persuasiva”.
Bene, questo laboratorio si è occupato negli anni di offrire alle grandi corporation della Silicon Valley quegli strumenti per creare ambienti digitali che modificano la psiche dell’utente dei social media. Il successo di questa tecnologia persuasiva è semplice quanto subdolo: i social media azzerano la complessità e la bellezza delle interazioni umane reali e, attraverso il sistema dei “like”, creano un universo parallelo di accettazione sociale e di identificazione con figure mitizzate che in realtà ci somigliano in tutto e per tutto, pregi e difetti, paure e capacità, esperienze e insicurezze. Ma soprattutto sono caratterizzate da arrivismo, meschinità e totale amoralità.
I social media, è scientificamente provato, lavorano sul rilascio continuo di dopamina, in un ciclo distruttivo di ricompensa, attenzione, dipendenza. La gente torna continuamente, centinaia di volte al giorno, sui social media per la necessità dell’accettazione fasulla degli uni con gli altri e per sentirsi in un continuo stato di benessere mentale.
Ramsay Brown, fondatore della Dopamine Labs, ha dichiarato: “abbiamo sviluppato una rigorosa tecnologia della mente umana…abbiamo la possibilità di manipolare e in tutto il mondo centinaia di migliaia di persone cambieranno silenziosamente i loro comportamenti che sembrano naturali, ma sono progettati a loro insaputa”.
Queste affermazioni, passate sotto il silenzio totale di TV, radio e giornali, sono di una gravità assoluta, ma danno la reale dimensione del fenomeno di dipendenza da social media. I ragazzi ragionano ormai esclusivamente in termini di like conseguiti o di follower catturati, con i quali fingono un’impossibile empatia.
I milioni di follower che “seguono” e imitano personaggi semi-analfabeti che inneggiano ad armi, droghe e bei vestiti, sono l’esercito di cui si nutrono i miliardari proprietari dei social media e tutte le corporation che con essi collaborano per commercializzare i propri prodotti. Essere un gangster su internet è molto più semplice che esserlo nella vita reale, puoi virtualmente “spaccare la faccia” a chiunque seduto sul divano di casa tua, diverso è se devi imporre la tua legge sulla malavita che incontri per strada.
Poi un giorno noleggi un SUV, perché vuoi fare una diretta da centomila like e uccidi un bambino e quando scendi dall’auto, completamente scollegato dalla realtà, continui a filmare, come un qualsiasi drogato strafatto di metanfetamine e di cocaina.
La società di oggi è ridotta ad una proiezione di se stessa in un mondo parallelo inesistente che causerà la distruzione della società stessa. Si intervenga ora o crolleremo come la peggior Babele.