Giorni e giorni a discutere del bronzeo (in senso materiale e figurato) culo della Spigolatrice di Sapri, troppo ben fatto per non rappresentare un insulto per le femministe in servizio permanente effettivo, le speculatrici del #metoo a scoppio puntualmente assai ritardato, i maschietti progressisti con la vergogna del pene (si, lo so, una volta si parlava di invidia, ma la società evolve). In buona sostanza, la critica asseriva fosse uno scandalo immaginare la figura letteraria con corpo ben scolpito (in senso materiale e figurato) e posa sinuosa.
“Sessismo” allo stato brado, che la Spigolatrice – per essere credibile e commovente – non può che essere un cesso a pedali, meglio se sporca, trasandata e sfatta. Non esattamente, per capirci, come si presentava la mondina incarnata (in senso materiale e figurato) da Silvana Mangano in “Riso Amaro”, senza che alcuno osasse eccepirne la verosimiglianza.
Nella mia insensibile ottusità di maschio bianco eterosessuale di destra, non riuscivo a figurarmi quale prodotto artistico potesse piuttosto soddisfare i raffinati palati dei contestatori. Finché ieri, in transito a Savona per evitare il solito intoppo autostradale di rientro da Sanremo, sono stato illuminato da una rappresentazione scultorea adagiata su un’aiuola, nei pressi dell’Arsenale. Ho poi scoperto trattarsi di “Curvy on the beach – bellezze a tutto tondo”, installazione operata da 7 ceramiste che hanno impiegato 6 quintali di creta per modellare tre ciccionazze intente a consumare un pic-nic pantagruelico.
Ovviamente, in quel caso, nessuna protesta; piuttosto, immagino, garrula e compiaciuta soddisfazione per il monumento (in senso materiale e figurato) alla cellulite ed alla flaccidità. Perché il nemico è l’attrazione, il potenziale erotico della bellezza, il rischio di moltiplicazione degli amplessi. Non resta che sperare che l’avversione copulatoria a base dell’indignazione trovi sostanza anche nella quotidiana pratica degli indignati.
Almeno, ci avranno risparmiato il rischio della loro riproduzione.