Il 25 luglio 1943 segno’ l’epilogo formale del Fascismo. L’approvazione nel Gran Consiglio dell’o.d.g. Grandi, passivamente subita da Mussolini, prendeva e dava atto non solo della sconfitta militare, ma anche dell’ esaurimento della spinta propulsiva del Regime. La rivoluzione era da tempo finita. Ne era consapevole per primo Mussolini, che appunto non si era opposto alla votazione e progettava di risolvere la crisi per via istituzionale, passando la mano al re, dal quale infatti si reco’, inerme e fiducioso, l’indomani.
Del resto, dalla”proclamazione dell’impero”, confuso e frastornato dalla retorica e dal conformismo, aveva mortificato ed emarginato le personalità eccellenti del Fascismo, da Arpinati a Balbo e Bottai, valorizzando esponenti ed ambienti della nomenclatura monarchica, massonica e finanziaria, cinica, opportunistica e infida per sua natura e tradizione, in primis Badoglio.
Il partito e la stessa milizia erano ormai ridotti a strutture burocratiche e mutualistiche, separate e lontane dal popolo e dalla gioventù. Non a caso gli ingegni più fervidi e gli animi più generosi , ” le Fiaccole ardenti” delle Università e dei Sindacati fermentavano di eresia. Avrebbero forse potuto essere lievito di rinnovamento e rigenerazione del Fascismo, se la guerra non li avesse fagocitati sui vari fronti per scelta e per necessità.
In patria erano rimasti i “gerarchi”, per la gran parte senza fede e senza coraggio, che si allinearono prontamente al nuovo corso.
E gli italiani, rimasti senza guida e senza riferimenti, ripiombarono nei loro atavici difetti: mancanza di patriottismo, di senso dello Stato, di civismo; debolezza di carattere, individualismo e conformismo. E venne l’8 settembre, la fuga del re, la diaspora dell’esercito, la resa e il tradimento della Marina, il disonore e la vergogna. Venne ” la morte della Patria”. Che non è ancora risorta.
Ottima analisi bravo Pietro
Siamo alla farsa e tutto involve alla vergogna ultima prova di una nazione inesistente e’ il recente colloquio intercorso tra una unita’ della marina militare e una nave di emergenzy in cui l’interlocutore dell’organizzazione umanitaria impartiva la sua reprimenda all’unita militare che timidamente cercava di giustificarsi, il tutto nel silenzio piu assoluto del governo e questo e purtroppo scontato ma nel silenzio assordante delle gerarchie militari, qui mi ferma appunto per carita’di Patria.