La Rivoluzione francese è passata alla storia per una lunga sequela di racconti ormai divenuti luoghi comuni. Come Nerone avrebbe bruciato Roma, assistendo all’incendio cantando e suonando la lira, così la regina Maria Antonietta avrebbe replicato ad un popolo affamato:” se non avete pane, mangiate le brioche.” Tutti falsi storici, ma utili per semplificare il racconto e renderlo più appetibile ad una cultura popolare. La Francia pre-rivoluzionaria non era affatto affamata, esistevano forti contrasti sociali, certamente, ma i francesi avevano uno standard di vita non inferiore agli altri cittadini europei. Anzi, l’organizzazione delle comunicazioni era la migliore del continente, gli scambi commerciali erano vitali e capillari.
E’ un vezzo di molti, che vogliono darsi un tono, citare Voltaire e la frase a lui attribuita “Io combatto la tua idea, che è diversa dalla mia, ma sono pronto a battermi fino al prezzo della mia vita perché tu, la tua idea, possa esprimerla liberamente.” Concetto certamente condivisibile in toto, ma questo aforisma non è del filosofo francese ma solamente a lui attribuito.
Leggiamo invece cosa scrisse in quegli anni, quando si preparava la Rivoluzione, il nostro Voltaire: “Dobbiamo screditare gli autori (che non la pensano come noi); dobbiamo infangare la loro condotta, trascinarli davanti al pubblico come persone viziose; dobbiamo presentare le loro azioni sotto una luce odiosa… Se ci mancano i fatti, dobbiamo farne supporre l’esistenza fingendo di tacere parte delle loro colpe. Tutto è permesso contro di essi. Deferiamoli al governo come nemici della religione e dell’autorità; incitiamo i magistrati a punirli.” Ed ancora:” Colpite e nascondete la mano.”
Frasi ancora oggi di grande attualità, ai cui insegnamenti si attiene a piene mani una certa sinistra radical chic. Fu così che, con l’insorgere della Rivoluzione, “alla minima critica, alla minima replica, anche la più moderata, anche alla più cortese, si grida alla calunnia, all’ingiuria, alla satira “atroce”, alla personalità “infame”, ma poi si trattano gli avversari da birbanti, da sodomiti, da ingrati, da serpenti, da vipere, da pupazzi di melma, da furfanti, da evasi dalle prigioni, da ipocriti, da pazzi, da talpe della polizia…” Pierre Gaxotte” da “La Rivoluzione Francese ed. Mondadori).
La Rivoluzione avanza, Luigi XVI viene ghigliottinato, come Maria Antonietta, entrambi muoiono con grande dignità, da veri sovrani. Si instaura il Terrore, i francesi si uccidono tra loro, moltissimi vengono “accorciati” dalla Ghigliottina. Il 23 agosto 1793 viene emanato il decreto di leva di massa che prevedeva l’arruolamento di tutti i giovani dai 18 ai 25 anni di età, e tutta la popolazione francese, finisce, donne comprese, al servizio dello Stato. Il 30 maggio 1794 un altro decreto mette a disposizione dello Stato tutte le derrate, i materiali e le merci importati per terra e per mare. Poi si passa ai lavoratori tra il 1793 ed il 1794, vengono requisiti i panettieri, i fonditori, i sarti, i tornitori, i conciatori, i carrettieri e i conduttori di zattere. La Francia tutta diviene una immensa caserma. Venne tolto ai proletari il diritto d’associazione ed il diritto di sciopero.
Un regime comunista ante litteram si instaura in Francia. A luglio 1793 viene emanata una legge sull’accaparramento che tendeva a considerare nemico pubblico chi avesse avuto il coraggio di commerciare le merci della cui mancanza ci si lamentava di più. Per accaparramento si intendeva il tenere chiuse, senza metterle in vendita giornalmente e pubblicamente, le derrate e le merci di prima necessità, le vendite della farina, il pane, la carne, il vino, i legumi, la frutta, il burro, il sego, il pesce, il carbone, l’olio, la lana, il cuoio, il ferro, le stoffe, erano stabilite dai commissari agli accaparramenti. Il risultato fu che nessuno aveva più interesse a produrre o commerciare alcunché.
Ben presto a Parigi non si trovano più zucchero, olio, candele. Il vino, truccato, è imbevibile. Nelle campagne il grano viene nascosto, per non essere requisito. La situazione peggiora ovunque: i coltivatori sospendono la trebbiatura, i fornai non fanno più il pane, gli albergatori non servono più i clienti Si vive in uno stato di polizia; nascono dei commissari al controllo dei beni ecclesiastici, dei beni degli emigrati, dei cavalli di lusso, dei commissari al vettovagliamento, ai trasporti; un esercito di osservatori, dei guardiani dei sospetti, dei carcerieri ed infine un’armata rivoluzionaria destinata ad appoggiare le requisizioni: 6000 fanti, 3 squadroni di cavalleria e 1200 cannonieri per la sola regione parigina.
L’armata viene utilizzata per domare i contadini, definiti i “nuovi signori, non meno crudeli, non meno insolenti dei vecchi”. Le colonne rivoluzionarie operano saccheggi, stupri, incendi nei boschi,furti, torture, assassini. Lo smarrimento è tale nelle campagne che coloro che subiscono vessazioni non osano lamentarsi, essendo scampati alla morte.

Il 13 marzo 1794 vengono dichiarati traditori della patria coloro che abbiano suscitato critiche e generato apprensione nell’umore pubblico. Il 16 aprile viene spedito in Guyana chi sia stato riconosciuto di aver criticato il regime. Ogni francese poteva essere destinato alla ghigliottina. Viene stabilito che la Volontà Generale a cui si deve obbedire non è la volontà della maggioranza ma quella dei “puri”, che hanno il compito di rivelare alla nazione i suoi veri desideri e la sua vera felicità.
Intanto manca tutto, si fa la coda davanti al fornaio o al droghiere, fin dalle tre di notte. Per impedire i saccheggi, vengono fatti sorvegliare i macelli e i mercati. A Parigi si profilano gli orrori della carestia. Dilaga il mercato nero e sono gli appartenenti all’esercito rivoluzionario coloro che se ne approfittano.
Quando si toccò il fondo, di colpo, con l’esecuzione di Robespierre, tutto il regime rivoluzionario si dileguò come neve al sole e la ghigliottina smise di lavorare. Come con la caduta del muro di Berlino, un incubo stava svanendo.
Centinaia e centinaia di persone, nascoste da mesi, uscirono dalle cantine, dai granai, dalle soffitte, e tornarono a respirare all’aria aperta. Ad uno di questo resuscitati venne chiesto:” Ed ora cosa vuoi fare?” Egli rispose: ”Vivere!” “E cioè?” “Passeggiare al sole, per i boulevard, lungo la Senna, per le Tuileries, tastarsi, sentirsi la testa sulle spalle e dirsi “sono ancora vivo!””
La Rivoluzione aveva solo preceduto la proclamazione dei principi del comunismo, questo suo esperimento fallito non allarmò nessuno. Della Rivoluzione Francese sopravvivono le frasi fatte, gli stereotipi consolidati. Poiché la Storia si ripete, come dagli insegnamenti di Giambattista Vico, i fasti della Rivoluzione possono riproporsi; alcuni germi già si annidano tra di noi, i seguaci di Voltaire già danno lezioni sulla purezza del pensiero unico.
Per saperne di più: Pierre Gaxotte “La Rivoluzione Francese”, Oscar Mondadori