La vicenda del governatore della Sicilia Crocetta e della frase che vegheggiava un attentato alla figlia di Borsellino, oltre ad essere davvero disgustosa, si presta a tre diverse ipotesi, quasi come un giallo di Poirot.
IL GOVERNATORE E’ INNOCENTE, prima ipotesi.
Quindi la frase non è mai stata pronunciata o, quantomeno, non è mai stata da lui udita. Mettendoci nei suoi panni, al momento delle uscite giornalistiche, saremmo stati, prima di tutto, stupiti; poi incavolati come dei pitoni che tentano di portare a buon fine una pratica al Comune di Milano. Poi inferociti fino al punto di pigliare a calci l’interlocutore o, ipotesi minimale, a segarlo dal novero delle amicizie e pentirsi di averlo inserito a suo tempo. Crocetta, però, non pare abbia fatto alcunché di tutto questo, ma si è limitato, prima, ad autosospendersi (il che rappresenta il classico fico secco dal punto di vista pratico) poi a piangere a dirotto in linea con vari radiogiornali e telegiornali. Dando l’impressione di essere munito sia di lacrima che di sordità… a comando.
Simili scene di disperata disperazione, però, lasciano pensare alla buona fede del governatore. Ma donano pure delle certezze: questo tizio, assurto alla carica di governatore di una delle più importanti regioni d’Italia, è più disastrato della disastrata regione che governa. Instabile di carattere, apparentemente incapace di affrontare una situazione dura, seppur particolarmente ingiusta; insomma gli mancano gli attributi. D’altra parte, lui stesso, in varie uscite isterico-televisive, più di una volta si è palesato come un soggetto da tutelare nei confronti… di se stesso.
Per questo, date le reazioni poco equilibrate, crediamo che non sia certamente in grado di governare un mondo difficile e zeppo di trappole politiche quale quello siciliano. Tanto è vero che, per amico e medico – se tutto fosse vero – si sarebbe scelto uno che, addirittura, vorrebbe replicare le bombe di Palermo!
Deduzione logica e senza appello: deve alzare i tacchi e andarsene.
IL GOVERNATORE E’ COLPEVOLE, seconda ipotesi.
Quella frase è stata pronunciata e il governatore non ha avuto alcuna reazione. Chi tace, acconsente. Forse era una boutade ma certamente, se pronunciata, è una frase alla quale, una persona perbene, dovrebbe reagire con forza o, almeno, in maniera pittoresca. Non facendolo, in qualche modo, si condivide il concetto. Quindi quella martoriata terra, quale è la Sicilia, martoriata da mafiosi e politici di mezza tacca, non può avere al suo vertice un personaggio il quale, davanti all’ipotesi dell’omicidio organizzato nei confronti di un personaggio politico scomodo, non reagisca. Non sbugiardi pubblicamente il medico cialtrone che l’avrebbe pronunciata, non faccia un tale putiferio da farsi sentire anche oltreoceano, dove ci sono il fior fiore dei capi dei capi.
Deduzione logica e senza appello: deve alzare i tacchi e andarsene.
IL GOVERNATORE E’ COLLUSO, terza ipotesi.
In questo agghiacciante caso, per essere giusti, non solo occorre tutelare da Crocetta i cittadini siciliani, ma anche i mafiosi. I quali, per quanto disprezzabili, qualche diritto, in fondo, lo devono pur avere.
Ci spieghiamo meglio: se Crocetta fosse mafioso, quindi colluso con quel branco di assassini, visto il posto che occupa, dovrebbe essere un soggetto molto utile ai comandi generali dei picciotti. Se non per organizzare attentati, almeno per crearne le situazioni favorevoli.
Quindi sarebbe un pezzo da Novanta. Ma se fosse un pezzo da Novanta, poveri mafiosi! Per gentaglia come loro avere tra le proprie fila un personaggio del genere, piagnucoloso, inconcludente ed emotivo fino al punto da far diventare il Libro Cuore un freddo trattato di psicoanalisi, sarebbe un danno incalcolabile. Forse superiore a quello che, grazie a Dio, subirono dal mitico prefetto Mori.
Quindi, se Crocetta fosse un mafioso – e non lo crediamo di certo – per mettere al riparo dalle sue vuote bizzarrie tutti i cittadini siciliani, mafiosi compresi, occorrerebbe un’urgente soluzione.
Deduzione logica e senza appello: deve alzare i tacchi e andarsene.
LE CERTEZZE.
Concluse le ipotesi possiamo addentrarci nel mondo dei concetti inossidabili. Il primo riguarda la testata che ha lanciato la notizia della disgustosa frase: l’Espresso, una delle tante traballanti realtà dell’imprenditore De Benedetti. In questo momento, quanto riportato dalla testata in questione, è stato smentito da Crocetta, dalla Procura di Palermo e comincia a sfumarsi un po’ su tutti i giornali italiani. Quindi ci comporteremo nell’unico modo possibile con testate come l’Espresso, cioè come l’asino di Buridano. Uno scoop pubblicato da loro, da sempre, può essere una panzana. Quindi (e ci costa fatica) siamo quasi propensi a credere alla Procura di Palermo. L’Espresso, però, risponde a tono, sostiene la sua tesi e afferma che la frase è contenuta in una intercettazione secretata. Siamo davvero nei guai, a l’Espresso crediamo poco per i suoi scoop passati e per… principio. Alla Procura crediamo poco per il suo comportamento nei decenni, ed anche un po’… per principio. Ai guardiani della Costituzione, poi, non crediamo per niente: che cosa aspettano a mettere in galera chi aveva la tutela di quella ipotetica conversazione secretata e (sempre che… esista) la hanno, invece, consegnata al bar tabacchi dell’angolo al cronista della testata debenedettiana?
E, alla fine, un’amara considerazione ci tocca farla. Che cosa ci faceva la figlia del giudice Borsellino, in qualità addirittura di assessore regionale, in quella compagine di ciarlatani centrosinistri? Lei ha avuto un padre integerrimo, che la mafia la ha combattuto per davvero. Che coscientemente si è fatto ammazzare per non piegarsi neanche di un decimo di millimetro davanti al tornado mafioso ed alle consorterie dei poteri occulti. Borsellino, uomo di destra, era davvero un giudice anti-mafia. Come lo era l’amico e collega Falcone, uomo di sinistra. Due amici e servitori dello Stato morti per mano mafiosa. La mano di una mafia, alla quale, i personaggi alla Crocetta fanno solo sorridere. Tanto, male che vada, con un piagnucolamento televisivo passano a’ nuttata e rimangono sul loro scranno.
A fare i professionisti dell’antimafia, come giustamente Sciascia li indicava. Ma disprezzandoli, però.