Ecco un libro importante per chi ha conosciuto il defunto Movimento Sociale Italiano. Un piccolo, caotico, litigiossimo universo politico e un “mondo umano” di rara intensità. Per chi, come me, ha vissuto da militante giovanile e, poi, da dirigente nazionale quell’esperienza forte quanto fragile un’occasione di riflessione. Sul passato e sul presente. Per più motivi.
A differenza della sempre più inutile Fondazione An (ormai ridotta ad un agone di meschine prepotenze e piccole ambizioni…) Gennaro Malgieri e Federico Gennaccari hanno avuto il coraggio intellettuale di ricordare, nel trentennale della loro morte (il tempo passa…), due protagonisti della (grande) politica italiana: Giorgio Almirante e Pino Romualdi. Senza retorica, con raziocinio e mal celato affetto ( a proposito, splendide le righe in cui Malgieri ricorda Romualdi al Secolo…)
Fortunatamente nel loro lavoro Gennaro e Federico hanno evitato (e gliene siamo grati) le celebrazioni di rito, le banalità, i turibuli, gli incensi e i plausi fuori tempo per invece indagare, con scrittura lieve ma sicura, le personalità complesse e difficili di uomini difficili e complessi. Per spiegare passaggi complicati. Aspri e nobili. Di uomini fedeli alla nobiltà della sconfitta. Non a caso, gli autori hanno riportato in apertura la foto dell’omaggio in Giappone di Almirante e Romualdi alla tomba di Yukio Mishima. Chi ha letto Morris sa bene a cosa mi riferisco.
Andiamo avanti. I più giovani o i meno avvertiti rimarranno sicuramente sorpresi nel scoprire il vero Pino Romualdi, la sua storia travagliata e il suo fondamentale ruolo nella costruzione, nell’immediato dopoguerra, del partito degli “esuli in Patria”. Ma non solo. Romualdi, vice di Pavolini ed unico esponente sopravvissuto del gruppo dirigente della RSI, comprese da subito la necessità di superare il fascismo e i riti necrofili del neofascismo, immaginando dalle pagine de “L’Italiano” (una delle riviste centrali del pensiero destrista) un percorso nuovo per i vinti del 1945. Non a caso attorno a lui si unirono tra i 50 e i 60 le migliori intelligenze della destra italiana: Petronio, Staiti, Mantica, Lo Porto, Tricoli etc… E poi la morte del figlio Adriano, il fratello maggiore della nostra generazione.
Altro è il discorso su Giorgio Almirante. Gli autori riconoscono allo storico segretario del MSI lungimiranza e capacità politica. La magia oratoria, la conoscenza dei riti e dei trabocchetti parlamentari, l’abilità tattica sono indiscusse e indiscutibili. Almirante ebbe la forza di trasformare il “movimento senza importanza” del 1948 in una componente (mal dirigerita ma irreprimibile) della vita politica italiana. E ancora fu lui a disegnare in tempi lontani i contorni della “nuova Repubblica”, la grande, radicale riforma istituzionale che ancor’oggi necessità all’Italia. Un’intuzione raccolta da Bettino Craxi, il primo premier nella storia del dopoguerra che ruppe l’isolamento del MSI ricevendo a palazzo Chigi i vertici missini. Un’apertura nel segno del “socialismo tricolore” che tanto appassionò Giano Accame ma che Almirante snobbò. È un punto su cui gli autori, purtroppo, sorvolano ma che andrebbe approfondito.
Resta il fatto che Almirante, uomo di tattica, mai comprese la necessità di una strategia di lungo periodo. Per lui, a differenza di Romualdi, l’investimento sulla cultura (e sui giovani) rimase sempre cosa estranea, non pagante. L’importante era, d’elezione in elezione, salvare e preservare il partito. La sua unità. Ad ogni costo e ad ogni prezzo. Balzellando dal nostalgismo all’entrismo, dal culto mussoliniano al conservatorismo. Alla fine è arrivato Fini e il seguito è noto. Una sconfitta senza nobiltà.
Gennaro Malgieri e Federico Gennaccari
ROMUALDI E ALMIRANTE, DESTRE PARALLELE
Fergen, Roma 2018
Ppgg. 174, euro 13.00
anch’io vengo da quel mondo (il Fdg intendo). Si’, Almirante era favorevole alla nato, filoamericano, non aveva capito le potenzialita’ della Russia, pur avendone ammirato la coerenza nobile (con la sua oratoria, se si fosse imbarcato in un partito di centro o sinistra, avrebbe fatto una carriera luminosa, invece accetto’ di stare nel ‘frigorifero’ come lo chiamava), ritenevo insufficiente la sua visione del futuro. L’errore di aver passato la consegna a fini non e’ perdonabile facilmente.
L’articolo si chiude con un “Alla fine arrivò Fini…” che io mi permetto di modificare in “alla fine arrivò Fini e i Finiani…”. Qualche anno fa un libro destò scalpore in Germania: I volenterosi carnefici di Hitler. Destò scalpore perchè mostro che Hitler da solo non avrebbe fatto nulla… non voglio paragonare i due personaggi, ma anche Fini non avrebbe fatto nulla da solo… però quando parli con ex missini che entusiasticamente accettarono le prebende di AN, sembra che erano tutti contrari… L’estensore dell’articolo lo era.. ricordo qualche sua intervista su Linea… molti altri no