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Strage di Brescia. Dopo 41 anni una strana, “comoda” verità

di Redazione
24 Luglio 2015
in Rassegna Stampa
0
Strage di Brescia. Dopo 41 anni una strana, “comoda” verità
       

Strage di piazza della Loggia, otto morti nel lontano 1974 a Brescia: arriva oggi la condanna all’ergastolo per Carlo Maria Maggi, un medico di 80 anni che fu capo di Ordine Nuovo nel Veneto, e Maurizio Tramonte, infiltrato dal Sid nell’ambiente ordinovista e divenuto, a partire dal 1993, collaboratore di giustizia. Ma siamo certi che sia davvero questa la verità dopo 41 anni di indagini e processi? E, se sì, si trattò di strage neofascista o di strage di Stato? Chi veramente muoveva i fili della strategia della tensione? Ordine Nuovo o i servizi?

Sarebbe il caso di dare una risposta seria a questo interrogativo visto che anche in questa inchiesta compaiono nomi di troppi pentiti: quello di Alberto Digilio, informatore della Cia, e quello di Angelo Izzo, uno dei massacratori del Circeo. E’ infatti quest’ultimo, nel 1984, a far riaprire la seconda inchiesta su piazza della Loggia che porta alla sbarra Cesare Ferri, Alessandro Stepanoff e Sergio Latini. Tutti e tre vengono assolti nel 1987.
La prima inchiesta si era conclusa nel 1979 con la condanna all’ergastolo di Ermanno Buzzi, uno che faceva il confidente dei carabinieri e che venne successivamente “liquidato” in carcere da Mario Tuti e Pierluigi Concutelli. Nel 1982 comunque anche Buzzi, benché ormai deceduto, venne definito dai giudici della corte d’assise d’appello “un cadavere da assolvere”. La terza inchiesta parte nel 1993: coinvolge oltre a Maggi e Tramonte, Delfo Zorzi e il generale Francesco Delfino. Tirato in ballo anche Pino Rauti solo perché conosceva Maggi. Il castello di accuse non regge e si arriva all’assoluzione di tutti gli imputati il 16 novembre del 2010. Verdetto confermato due anni dopo in appello.
Il 21 febbraio del 2014 la Cassazione stabilisce però un nuovo processo per Maggi e Tramonte invitando i giudici a approfondire i numeri indizi contro i due, insomma quasi un invito a confermare il rassicurante teorema” delle stragi neofasciste. Maggi, molto malato, dirà in quell’occasione di sentirsi un perseguitato e disse di non avere mai conosciuto Tramonte. “Perché – si chiese – hanno confermato l’assoluzione di Zorzi e rimandano me a processo?”. Ora che il teorema è (momentaneamente) confermato chi se la sente di applaudire per un verdetto che ha dietro di sé una scia così contorta di inchieste, depistaggi e pentimenti a orologeria?

Renato Berio, 23 luglio 2015, Il Secolo d’Italia

Tags: anni di piomboBresciaCesare FerriFrancesco Delfinogiustizia italianaPino Rautistrage di Bresciaterrorismo
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