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Talebani d’Occidente/ Dopo Colombo toccherà ai padri del Risorgimento?

di Massimo Weilbacher
26 Giugno 2020
in Home, Società&Tendenze
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Il mio concittadino Mario Bozzi Sentieri ha proposto su queste pagine un’interessante riflessione sulle statue che a Genova riassumono in poco spazio la nostra storia e i nostri valori migliori che, però, potrebbero non essere sufficienti a proteggerle dall’ignoranza distruttiva di eventuali vandali politicamente corretti che decidessero di imitare le imprese dei somari d’oltreoceano.

I quali, tra l’altro, riescono oramai a trascinare dalla loro parte, magari solo per il quieto vivere, chi invece dovrebbe contrastarli.

E’ di oggi la notizia, solo apparentemente marginale, che Justin Eliker, sindaco di New Haven (Connecticut) in carica da pochi mesi, ha rimosso la statua di Cristoforo Colombo che dal 1872 si trovava in Wooster Square Park, nel cuore della Little Italy di una città nella quale almeno metà degli abitanti sono di origine italiana.

La notizia in questo caso non è tanto lo sfratto di Colombo in sé, ma che questo sia avvenuto con l’accordo e il consenso dei leader della influente e numerosa comunità italoamericana della città, evidentemente anch’essa intossicata dal veleno del fanatismo antistorico tanto da rinunciare alla difesa dei valori sui quali si fonda da sempre la sua cultura e la sua identità.

Tornando a Genova, non possiamo non rilevare che, se sottoposti ad un attento esame politicamente corretto, gli illustri Italiani citati da Bozzi Sentieri avrebbero problemi non meno gravi di quelli di Cristoforo Colombo in USA.

A cominciare proprio da Giuseppe Mazzini: pochi oggi ricordano che la Giovine Italia e le altre associazioni mazziniane erano considerate ai loro tempi organizzazioni eversive e che i loro membri erano ritenuti pericolosi terroristi che lanciavano bombe e sparavano facendo morti dappertutto.

Come Felice Orsini che in un colpo solo ha causato 12 morti e 156 feriti tutti innocenti oltretutto fallendo il bersaglio, che era Luigi Napoleone. Le bombe inventate da lui, le bombe alla Orsini, sono state utilizzate per anni in moltissimi attentati. Non erano certo metodi democratici basati su dialogo e tolleranza. Senza dimenticare che le idee di Mazzini hanno influenzato profondamente il fascismo: Giuseppe Bottai, Dino Grandi, Italo Balbo, che si è laureato con una tesi su “Il pensiero economico e sociale di Mazzini”, Alfredo Rocco e, naturalmente, Giovanni Gentile erano tutti suoi studiosi ed ammiratori.

Lo stesso Mussolini aveva studiato a fondo le sue idee e per molti alla base dell’ideologia fascista potrebbe esserci una rielaborazione del suo concetto di rivoluzione nazionale. Il che lo colloca immediatamente in odore di “fascismo” (come d’altra parte si è visto di recente a proposito della stupida polemica sul motto “Dio Patria Famiglia” che alcuni somari democratici di alto bordo avevano attribuito direttamente al Duce) e quindi direttamente nel mirino degli antifa, magari considerandolo, per via delle bombe, ispiratore occulto di qualche trama nera come era successo a Julius Evola nel 1951.

Nemmeno Garibaldi, che dal 15 ottobre 1893 sorveglia in sella al suo cavallo piazza De Ferrari, può stare tranquillo: passi per i trascorsi da contrabbandiere e ladro di cavalli in Uruguay e di pirata sul Rio de la Plata, ma la sua attività di trafficante di schiavi e scafista ante litteram in società con il genovese Pietro Denegri, armatore della nave Carmen con la quale l’eroe dei due mondi trasportava dalla Cina al Perù coolies cinesi destinati ad essere sfruttati come schiavi nelle miniere, difficilmente gli antirazzisti gliela lascerebbero passare. Ce ne sarebbe abbastanza quanto meno per riempire la sua statua equestre di insulti e schizzi di vernice. Chissà se l’aver prestato la faccia e il nome alle brigate partigiane comuniste e al fronte popolare del 1948 basterebbe a farlo perdonare.

Tra gli illustri personaggi citati nel pezzo di Bozzi Sentieri anche Vittorio Emanuele II potrebbe avere problemi, per via del sacco di Genova da lui ordinato il 5aprile del 1849 al generale Alfonso Lamarmora per punire la città che, istigata dai mazziniani (sempre loro!), si era ribellata al governo sabaudo per via dell’armistizio di Vignale.

Una settimana di violenze e infamie inaudite che fanno dire ad un anonimo cronista dell’epoca: “Se tutti infatti noi ci facessimo a dire le nefandigie, i soprusi, le stragi, le devastazioni, gli stupri, i sacrilegi, perpetrati dal piemontese soldato, forse i lontani ci negherebbero fede”.

Per il sovrano sabaudo, però, si trattava solo di rieducare nel modo più appropriato “una vile e infetta razza di canaglie”, azione per la quale si complimentava calorosamente con Lamarmora: “Non potevate fare di meglio e meritate ogni genere di complimenti”. Vicenda poco rassicurante per il monumento di Piazza Corvetto.

Detto che col metro politicamente corretto imposto dalla sottocultura di sinistra anche Guglielmo Oberdan potrebbe presto passare da eroe irredentista a teorico dell’oppressore della minoranze slave del confine orientale, ci sono fortunatamente almeno un paio di statue che non hanno niente da temere.

Quella di Raffaele Rubattino, che con l’acquisto della baia di Assab nel 1880 diede inizio al tanto odiato e vituperato colonialismo italiano, vedi i recenti guai di Indro Montanelli, almeno per analogia dovrebbe fare la fine di quella di Sir Cecil Rhodes, rimossa a Oxford. Fortunatamente si tratta di una figura poco conosciuta dalla massa politicamente corretta e per questo può rimanere tranquillamente al suo posto a Caricamento.

Alla statua di Andrea Doria, invece, persecutore di musulmani quindi nemico dell’accoglienza e della società multietnica, ma soprattutto finanziatore delle spedizioni dei conquistadores spagnoli che provocarono la morte di milioni di Indios del Nuovo Mondo, hanno già provveduto nel 1797 i rivoluzionari giacobini della Repubblica Democratica Ligure facendola a pezzi in quanto simbolo dell’aristocrazia e del potere.

Gli iconoclasti da barzelletta di oggi non sono nemmeno originali, non hanno inventato niente.

Tags: GenovaRisorgimentostoria
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Massimo Weilbacher

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