Malinconia mista ad ilarità. Sono questi gli unici sentimenti possibili per chi vi avvicina al dibattito più strampalato e inutile d’Italia, ovvero la modernizzazione infrastrutturale del Nord Est. Non stiamo esagerando. Per qualche strana malia questo tema sembra attrarre e catalizzare ogni sorta di negatività, ottusità e pigrizia. Un vero record.
Risultato? Da decenni, nonostante il suo peso economico e sociale, l’intera area nord orientale d’Italia è penalizzata da un sistema trasportistico obsoleto, antieconomico e pericolosamente inquinante. A fronte di alcune realizzazioni (tutte su gomma) lentamente e molto faticosamente concluse (il Passante autostradale di Mestre, la terza corsia dell’A4 da Brescia a Mestre, la A 28 Conegliano-Portogruaro) e i pochi lavori avviati (la terza corsia da Quarto d’Altino a Trieste e la pedemontana veneta), gran parte dei progetti previsti ben 23 anni fa dal Piano dei trasporti di Regione Veneto restano meri titoli per dibattiti ormai svogliati o semplici miraggi.
Colpisce in particolare la mancanza d’interesse verso la mobilità su ferro per non parlare del trasporto nelle acque interne e litoranee. Ancora una volta pensieri corti, intelligenze mediocri, ambizioni provinciali, limitate. È l’impietosa fotografia — con le dovute eccezioni — del personale politico del Nord Est: un piccolo mondo modesto e terribilmente litigioso, attento al “particulare” ma incapace d’immaginare “cose grandi”. Raffaele Zanon, da sempre coscienza critica del centro destra veneto, non ha mezzi termini: «purtroppo Volpi di Misurata, Cini, Marzotto non hanno lasciato eredi. La DC di Rumor — un’egemonia quarantennale — ha desertificato la scena politica; non ci sono più lungimiranti dogi, magnifici visionari, grandi mercanti ma solo piccoli mestieranti attenti soltanto al loro tornaconto elettorale. A destra come a sinistra, Lega compresa, nessuno o quasi è capace di leggere il futuro. La questione infrastrutturale ne è la riprova ».
Parole dure e amare, confermate, una volta di più, dal lavoro di Paolo Possamai, direttore del debenettiano “Il Piccolo” di Trieste, intitolato “Ultima fermata Treviglio”, ovvero l’ultima fermata dell’alta velocità verso Est. Un piccolo inciso: purtroppo per l’autore, il titolo suona stonato poiché — per uno strano caso del saragattiano destino “cinico e baro” — il saggio è uscito pochi giorni prima dell’avvio dei lavori della tratta da Treviglio — il paese de “l’Albero degli zoccoli” di Ermanno Olmi — a Brescia e Verona. Con insolita superficialità (o inutile faziosità?) Possamai, nonostante sia un buon giornalista ed un attento osservatore della realtà del Triveneto, prima di consegnare le bozze ha dimenticato l’impegno di Regione Lombardia e ignorato il grande piano ferroviario lombardo, un progetto del 2001 voluto da Roberto Formigoni e Massimo Corsaro, allora assessore regionale ai trasporti.
Poco importa. Mentre i binari da Torino e Milano avanzano verso il Garda vi sono ancora nel Veneto reduci bossiani che, nello sconforto di Luca Zaia — uomo intelligente ma spesso mal consigliato —, immaginano di trasformare la futura linea ad Alta Velocità Venezia – Trieste in una sorta di “passarella balneare” con andamento a biscia che colleghi l’aeroporto di Tessera a Jesolo e poi Caorle, Lignano, Grado, insomma una metropolitana litoranea per muovere tre mesi all’anno bagnini e bagnanti. Una pazzia, ma non l’unica; sfogliando le pagine del libro di Possamai — espressione di una sinistra moderna, riformista ma purtroppo minoritaria — si scoprono altre perle “d’ordinaria follia”. Assolutamente trasversali agli schieramenti partitici.
Per esempio, dagli anni Novanta si litiga accanitamente sulle fermate (addirittura tre a Venezia…) ma sino ad oggi nessuno ha chiarito — né governo centrale né quello regionale—come la linea TAV proseguirà ad est di Verona e, in particolare, come attraverserà i nodi di Vicenza e Padova. Nessuno per il momento ha chiarito se il superamento di Vicenza si farà in galleria (con annessa stazione dedicata) oppure no. E ancora, come sottolinea Possamai «nessuno si è preso la briga di illuminare un paio di quesiti semplici, semplici: con quali fondi dovrebbe essere costruito tale tunnel, e soprattutto con quale modello trasportistico un treno ad alta velocità dovrebbe fermare ogni 20/30 chilometri».
Ancor peggio se possibile la situazione in Friuli Venezia Giulia. Pochi mesi fa Mauro Moretti, amministratore delegato delle Fs, ha assicurato, tra mille scongiuri, il completamento entro il 2019 della tratta TAV Verona -Venezia ma, al tempo stesso, ha escluso ogni ipotesi di prolungamento ad est del Tagliamento. I motivi: un bacino insufficiente di utenti, l’indifferenza slovena, l’inconcludenza della politica locale e il disinteresse di quella nazionale; il tutto con buona pace della dorsale industriale che da Cuneo a Monfalcone regge le sorti di questo scassato Paese e degli impegni comunitari.
Nel frattempo Trieste rimane collegata via treno a Milano con tempi superiori a quelli dei vecchi “rapidi” di trent’anni fa lungo una linea tracciata un secolo e mezzo fa. Mentre l’autostrada A4 è perennemente congestionata dal traffico di mezzi pesanti per e dai Balcani, Trenitalia — nonostante le proteste dell’assessore ai trasporti Riccardi, assieme alla sua collega Brandi una delle poche personalità politiche della zona — considerando l’area periferica lentamente sta dismettendo l’armamento ferroviario in tutta la regione. Le conseguenze sono plurime e tutte negative: L’Europa ci mette in mora, il traffico si spalma sempre più sulle strade, Trieste e l’intera regione rischiano l’isolamento dal resto del Paese, le ricadute sul sistema portuale nord adriatico e sull’impianto della logistica sono destinate a penalizzare tutto il Nord Est. E intanto, dulcis in fundo, a spese di Trieste e Monfalcone cresce in modo esponenziale il porto sloveno di Capodistria. Non a caso i nostri non gentili vicini hanno scelto, nonostante costi per loro esorbitanti, di raddoppiare il collegamento ferroviario tra il porto e Lubiana e l’Austria piuttosto che collegare con una spesa decisamente più ridotta Capodistria con la città giuliana e all’Italia…
L’unica luce per il Nord Est sembra venire da oltralpe. Lo scorso aprile hanno avuto inizio i lavori di scavo del tunnel di base del Semmering, opera essenziale per i collegamenti ferroviari nord-sud lungo il corridoio Baltico-Adriatico. L’opera era attesa da trent’anni e rappresentava ormai l’ultimo passo necessario per rendere possibile – non subito, naturalmente, ma tra una dozzina d’anni – l’apertura di quel corridoio ferroviario Baltico-Adriatico così importante non solo per la movimentazione di merci e persone all’interno dell’Austria, ma anche e soprattutto tra il nord e il sud dell’Europa centrale. Un dato strategico per tutto il Nord-Est d’Italia e per il Friuli e i porti adriatici in particolare, perché il nuovo tracciato su rotaia dall’Adriatico al Baltico accorcerà le distanze e farà confluire attraverso la regione e su verso l’Austria e il bacino danubiano un traffico di merci oggi inimmaginabile.
Il corridoio Baltico-Adriatico per un segmento (piccolo) già esiste e in buona parte è un cantiere con i lavori in corso. Mancava ancora il nodo del Semmering, dove la vecchia ferrovia costruita nel 1851 dal veneziano Carlo Ghega per gli Asburgo — un vero capolavoro d’ingegneria non a caso tutelato dall’Unesco — sale a mille metri di quota e non consente più il traffico merci, perché i container non passano attraverso le sue anguste gallerie. La fine dei lavori è prevista nel 2024, con un costo di 3,1 miliardi. Sulla data si può fare affidamento, perché in Austria si è soliti rispettare le scadenze.
Paolo Possamai
ULTIMA FERMATA TREVIGLIO
Perché la TAV non arriva a Nord Est
Marsilio – Padova 2012
Ppgg. 118 – 10,00 euro