“I più anziani fra noi, hanno trent’anni: ci rimane dunque almeno un decennio, per compier l’opera nostra. Quando avremo quarant’anni, altri uomini più giovani e più validi di noi, ci gettino pure nel cestino, come manoscritti inutili. Noi lo desideriamo!”
Questa, oltre ad essere una citazione del manifesto del futurismo di Marinetti, potrebbe essere un’ottima descrizione della manifestazione del movimento Tea Party Italia che sabato scorso ha animato il pomeriggio milanese.
Il movimento antitasse ha fatto il suo esordio in piazza, a San Babila; circa 400 persone, per lo più ragazzi, hanno animato una giornata molto diversa dalle proteste alle quali gli indignados ci hanno abituato: cartelli ironici, slogan libertari e soprattutto tante proposte. La formula è delle più semplici, uno sgabello su cui intervenire e veramente tanti giovani preparati che si sono alternati in una maratona oratoria ricca di contenuti e sferzate all’attuale classe politica. In piazza comunque si sono visti anche volti noti della politica, dello spettacolo e del mondo intellettuale liberale, ma la scena non era la loro: lo hanno capito e rispettato fin da subito.
Bersagli prediletti della piazza Equitalia, accusata di non lasciar respirare le aziende, ma soprattutto Monti e Tremonti, non per assonanza, ma perchè rei di perseguire una politica mirata ad aumentare le entrate e non intenti a riformare la spesa e il fisco per liberare l’energie dei giovani; energie che ci garantiscono esistere, ma venire mortificate da burocrazia e un livello di tassazione insopportabile.
Non è stata la festa degli evasori, ma di coloro che sognano un’Italia diversa e la portano avanti senza dare fuoco alle macchine e distruggere vetrine.
E’ stata la festa di precari che non chiedono un posto fisso, ma un mercato del lavoro veramente flessibile e libero, di giovani professionisti che vorrebbero smantellare gli ordini professionali e di cittadini tartassati che sognano una politica che sappia fare un passo indietro sui propri privilegi.