Isaac LeMay, dopo avere sterminato degli indiani Cheyenne per il governo, si guadagna da vivere in modo crudele come un fuorilegge. E’ inoltre “costretto” ad uccidere i numerosi figli, per impedire il realizzarsi della profezia di un capo indiano, ovvero essere ucciso dalle creature che lui stesso ha messo al mondo. La pellicola diretta da Tim Sutton risulta un western gelido e violento, che si richiama alla tragedia greca e al Vecchio Testamento. Il copione di Greg Johnson è essenziale e dalla narrazione semplicemente “elementare”. Il duello è tra Isaac (Sam Worthington) e Cal (Colson Baker), il figlio a lui più somigliante in negativo, ardente inoltre di un rapporto morboso con una madre, Anna (Heather Graham), prostituta.
Tra i protagonisti c’è anche l’ambiguo Solomon (Thomas Jane), militare unionista, anche lui legato alla madre di Cal e sulle tracce di Isaac. Ancora una figlia risparmiata da Isaac, Megan (Emily Marie Palmer). Megan è la loro silenziosa osservatrice. The Last Son rinnova efficacemente le atmosfere crepuscolari del miglior genere western. Sutton, regista d’area indipendente del cinema statunitense, dirige una pellicola dalla fotografia in grado di creare atmosfere che, come le vecchie polaroid, impressionano le psicologie dei personaggi, gli spazi e i tempi narrativi, per mezzo dei quali si realizzano gli avvenimenti.
Il west di The Last Son ben si adatta alle corde tese classico-bibliche della trama: violenta e scarna, di atmosfere aride, di freddo e passioni, che scaldano e bruciano sotto la neutralità della neve. Una pellicola che proietta sugli spettatori il viso segnato di Isaac, la bellezza dolente di Anna, il diabolico e candido volto di Cal, le pellicce e le pistole, gli indiani e i fuorilegge, la terra e il sangue, i boschi innevati e i saloon illuminati fiocamente dalle lanterne. La macchina da presa suggella e dipinge il paesaggio scarno della Sierra Nevada, montagne innevate sullo sfondo di quasi ogni inquadratura. E’ una voce fuori campo ad aprirci la porta cinematografica di The Last Son, una porta, che quando sarà chiusa alla fine della pellicola, ha cercato di impressionare non l’intelletto ma l’anima di chi ne ha preso visione. L’anima è il “corridoio” tra il corpo e lo Spirito.