Finalmente, recte tardivamente, la presidente del Senato, Elisabetta Casellati, ha denunziato il ripetuto uso, meglio sarebbe definire lo sfrontato ed immotivato abuso, di uno strumento legislativo, quanto mai discutibile in un regime ormai solo sedicente parlamentare, non per nulla voluto da un esecutivo a guida del democristiano di sinistra Ciriaco De Mita (la legge del 23 agosto 1988, n. 400. “Disciplina dell’attività di governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio”). E’ da sottolineare che dall’opposizione, incerta su tutto e condizionata dalla convivenza forzata con Berlusconi (v. la retromarcia sulla programmata e strombazzata manifestazione del 2 giugno prossimo e la probabile sconfitta sulla data elettorale, sancita da un Comitato tecnico – scientifico, obbediente ed ossequiente) non si è mai levata voce decisa e convinta su questa stortura democratica, della quale si è fatta arma dilagante il governo presieduto da Conte, già alla guida dell’esecutivo con Salvini.
La Casellati, in una intervista a Tgcom 24, sottovalutata se non addirittura ignorata dalla grande stampa, ammonisce che “i problemi si risolvono in Parlamento. Ritengo che si debba dire basta con i DPCM calati dall’alto. Il Parlamento è [solo formalmente e materialmente], il Senato è [idem] aperto, Sono qui da quasi 3 mesi per garantirne la funzionalità. Il Senato non è in quarantena e sa rispondere ai cittadini”, Garantisce che “il Parlamento non lascia indietro nessuno, è aperto e lavora”. Chissà cosa penserà il suo collega grillino di Montecitorio ?
Richiama poi il governo e l’aspirante collega nostrano di Xi Jinping al rispetto delle Camere, in cui si dovrebbe dibattere utilmente e non unicamente per il varo di decisioni inoppugnabili, fabbricate nelle “segrete stanze” di leopardiana memoria.
La senatrice veneta rammenta con espressioni precise e centrate che: “Parlare oggi di centralità del Parlamento agli italiani che si trovano in grande difficoltà sembrerebbe un gioco dialettico, una questione fuori dai problemi della quotidianità, ma non è così. E’ un principio costituzionale che regge le nostre vite. Dalle libertà personali, potete uscire di casa, a quelle economiche, aprite le attività, è il Parlamento il luogo dove si decide, dove le risorse vanno allocate, che ascolta la voce dei cittadini, che riporta le istanze dei territori, delle famiglie, delle imprese”.
La Casellati, che in base ai sacrosanti principî espressi, dovrebbe partecipare al pubblico dibattito con una frequenza maggiore frequenza, lontana però dal deteriore protagonismo, rileva e principalmente ricorda la necessità di un ritorno alla vita scolastica, pur sotto stringenti garanzie sanitarie. Per la presidente “le scuole devono essere aperte, i ragazzi a settembre devono tornare tutti in classe, certamente con le misure di sicurezza. Non è solo didattica, ma è anche una questione sociale: i ragazzi devono incontrarsi”. Purtroppo in un settore determinante, quale quello dell’istruzione, il quadro è quanto di più desolante, affidato ieri con il governo gialloverde ed oggi con quello giallorosso ad esponenti di raggruppamenti politici, privi di qualsiasi impronta e di qualsiasi sensibilità culturali. La tizia, assisa nel palazzone di viale Trastevere, pretende con la arroganza congenita alla sua fazione, inversamente proporzionale al senno ed alla logica, di far svolgere la prova del concorso atteso da anni con test a risposte multiple. Su una strada meramente clientelare (una graduatoria per titoli, senza concorso) si sono posti “con un’inedita sintonia”, Pd ed i compagni “separati” di Leu e Fratelli d’Italia con i “compagni di strada” della Lega.
Da ultimo la Casellati rivolge un appello, “che sembra indirizzato ai tanti commercianti” ed andrebbe esteso ai tanti industriali, da pochi giorni guidati da un nuovo presidente, dal prorompente protagonismo: “Siamo in un momento di difficoltà economica e non ci possono essere speculazioni sui prezzi”. A Roma si dice e si ripete comunemente di fronte a comportamenti del genere: “Nun ce marcià”.
ricordo che Elisabetta Casellati è la seconda carica dello stato, rimasta sino ad oggi in silenzio. Quello che ha detto è giustissimo, spero solo che dopo questo risveglio non torni a dormire. Anche perché la prima carica dello stato, di cui è reato parlar male, non dorme ma approva troppe nefandezze costituzionali. La prima carica si è risvegliata quando si è trattato di licenziare Savona, utile pedina per un approccio buono con la Francia. A questo brillante intervento ha fatto seguito l’ignobile tentativo di creare il governo Cottarelli. Tace anche sul disastro totale della magistratura allo sbando, campo in cui avrebbe costituzionalmente obbligo di intervenire.