Sequel di “A Quiet Place”, film del 2018; ancora scritto, diretto e interpretato (stavolta, soltanto nel prologo) da John Krasinski, marito anche nella vita reale della protagonista, Emily Blunt.
Quasi un anno e mezzo è passato da quando il mondo è stato invaso da degli orrendi e letali extraterrestri che, rapidissimi e poco vulnerabili, dilaniano le loro vittime prima che possano difendersi; privi di occhi, sono guidati da un udito finissimo, e al minimo suono prodotto da chicchessia lo dilaniano, senza pietà e senza apparente motivo (non si cibano delle loro prede: uccidono e basta).
Guidata da mamma Evelyn, stanchissima ma indomita, la famiglia Abbott prosegue la sua silente lotta per la sopravvivenza: un bimbo è appena nato, ma nel precedente film un mostro ha ucciso il piccolo Beau, e papà Lee si è sacrificato. In marcia a piedi nudi, Evelyn e i figli Marcus e Regan (sorda: il suo apparecchio acustico, mandato in tilt, diffonde alte frequenze che stordiscono gli alieni) incontrano un amico di famiglia (rimasto, come Emily, vedovo): Emmett, che dapprima recalcitrante, diventa grazie alla risolutezza di Regan loro alleato.
“A Quiet Place II” è soltanto la ripetizione del film precedente: le variazioni rispetto al primo episodio sono soltanto dettagli nel cast e nella trama. Però è un horror fatto benissimo: basato sull’atmosfera, sulla tensione (micidiale per tutto il film, senza alcun calo di tensione), sui caratteri. Piccolo grande esempio di ottimo cinema del terrore, come lo era il predecessore, “A Quiet Place II” aggredisce lo spettatore, scaraventandolo brutalmente in un mondo d’incubo – tanto più spaventoso, perché è un mondo prossimo, quotidiano, nel quale si può riconoscere il proprio.
Lo lascia anche libero d’immaginare il perché di tutto questo: cosa stia dietro l’aggressione al genere umano di queste creature che uccidono meccanicamente, istintivamente, forse immotivatamente. Così come si può immaginare un parallelo tra il silenzio e l’isolamento forzato dei personaggi del film, e la reclusione collettiva del “lockdown” dovuto al Covid.
Un po’ frettolosa la parte dell’isola: il personaggio di Hounsou è quasi ridotto a una figurina (ma il “twist” incombente, lasciando intendere che i mostri abbiano anche capacità tattiche, è davvero terrificante). Assai macabra la citazione da una terribile scena del film precedente: nel minimarket del prologo, è inquadrato uno scaffale con degli space-shuttle giocattolo.
La figura centrale diventa Regan (Abbott, non MacNeil), interpretata (bene) da Millicent Simmonds, già segnalatasi, oltre che per il primo “A Quiet Place”, per “La stanza delle meraviglie”, bel melodrammone di Todd Haynes nel quale interpretava un’altra ragazza sorda (la Simmonds lo è anche nella vita reale); Cillian Murphy (Emmett) si conferma attore versatile; pur tenendosi quasi in disparte, la splendida Emily Blunt (Evelyn) dà forza al film, con la sua recitazione controllatissima: mai una smorfia, nemmeno una faccetta, soltanto espressioni intense. Dimessa, livida, vestita da massaia, con i piedi anneriti da mesi di marcia scalza, quando per distrarlo dal figlio attira a sé un mostro tirando una revolverata e resta, immota, ad attenderlo, incute autentico timore.