Pare che l’esimio on. Salvini abbia rilanciato la proposta di reintrodurre la leva obbligatoria. Sugli aspetti tecnici non mi pronuncio: scrissi un libro proponendo la transizione al volontariato già nel lontano 1981 (“Esercito, come?”) e sostenni almeno due relazioni di minoranza sul tema in sede di CASD (Centro Alti Studi per la Difesa) e CEMISS (Centro Militare di Studi Strategici), con il solo appoggio del compianto giornalista de “Il Sole 24 Ore” Sergio Augusto Rossi.
Ancora oggi ritengo che l’ipotesi di far rivivere i valori guerrieri nelle società europee con espedienti di questo genere equivalga a cercare di riempire con un cucchiaino un lago in secca…
Quanto ai riflessi di carattere elettorale, mi immagino legioni di italici ventenni bramosi di dedicare un certo numero di mesi alla Patria (?) e tutti dunque pronti a convertirsi al “salvinismo”.
Siamo a una fantastica gara di statalismi: quello renziano, quello salviniano e chissà quanti altri. Siccome la fase de “l’oro alla Patria” l’abbiamo già superata, nel senso che noi NON vorremmo darlo, ma ce lo prendono di brutto con una politica fiscale folle, ora faremo un bel passo “avanti” anche con una nuova “corvée”, possibilmente comprendente anche qualche “cessione di vita”, alla Patria.
Su, dai, facciamoci del male.
Non sono certo contro la nozione di Patria, ma magari dare uno sguardo preliminare, anche di sfuggita e superficiale, a chi la interpreta, è chiedere troppo, forse?
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Pur avendo frequentato il liceo e l’università (anni 60 e 70) ritengo che l’esperienza del servizio militare non abbia rivestito minore importanza. Il servizio militare serviva non solo ad accettare la convivenza, ma anche le regole della convivenza, la disciplina e il rispetto degli altri, superiori o pari grado. Detto in modo prosaico, imparare a rifarti il letto dove hai dormito, pulire le camerate dove vivi e le pentole e i piatti dove hai mangiato ti insegnano in modo elementare e diretto che nella vita non c’è sempre un’altro che provvede, ti devi arrangiare da solo e non aspettare sempre l’aiuto o l’assistenza degli altri, mamma o stato assistenziale che siano. Tutto ciò a prescindere dal significato intrinseco della difesa armata della patria. Se la scuola e l’università formano la base culturale e professionale, certamente il servizio militare, che al giorno d’oggi dovrebbe essere finalizzato all’ordine pubblico più che alla difesa, gioverebbe alla formazione del carattere e del senso civico della gioventù.