Oggi ricorre il trentennale del massacro di Waco (Texas), risultato finale di un assedio durato dal 28 febbraio al 19 aprile 1993. La comunità davidiana era composta da circa 140 persone che avevano deciso di vivere in un ranch a pochi chilometri dalla località texana di Waco. Erano membri di una chiesa separata dal gruppo degli avventisti del settimo giorno già negli anni ’30. La località scelta per vivere venne denominata Monte Carmelo e i davidiani vi si stabilirono negli anni ’60. Il terreno era di loro proprietà e tutte gli edifici ivi compresi erano stati costruiti dai membri della comunità. I davidiani, come molte altre chiese protestanti americane, credevano in una imminente fine del mondo e per questo motivo avevano fatto scorta di generi di prima necessità, sia alimentari che non. Fra questi vi erano anche numerose armi da fuoco (fatto peraltro non illegale).
I governi USA non si sono mai allarmati per il proliferare delle armi sul territorio americano, ma una delle principali preoccupazioni del potere costituito è sempre stata che queste armi non finissero nelle mani di quei gruppi considerati non allineati al pensiero unico o, quantomeno, non politicamente corretti. E i davidiani non lo erano di certo. Nel periodo appena precedente il massacro, a seguito delle segnalazioni di abusi di un membro espulso dalla comunità, l’ATF (il nucleo delle forze federali che si occupa del controllo su alcol, tabacco e armi) decise di infiltrare tra i davidiani un loro agente per verificare la veridicità di tali segnalazioni. L’attività di spionaggio non portò a molto (i dossier sono secretati e nulla venne pubblicato per giustificare l’assalto), ma i vertici dell’ATF decisero comunque di presentarsi armati ai confini della proprietà privata dei davidiani.
Domenica 28 febbraio 1993 circa 100 agenti pesantemente armati dell’ATF, accompagnati in massa da giornalisti e TV, tentarono di penetrare all’interno degli edifici di Monte Carmelo. I davidiani, presi dal panico, chiamarono il 911 chiedendo l’intervento della polizia per la presenza di uomini armati all’interno della loro proprietà. La richiesta d’intervento rimase inascoltata e ai primi spari degli agenti ATF, i davidiani risposero al fuoco. Durante questa prima sparatoria morirono 4 agenti e 6 davidiani, e le forze dell’ordine di ritirarono.
Il presidente Clinton, venuto a conoscenza dell’accaduto, decise l’invio dei reparti speciali dell’FBI con tanto di elicotteri, mitragliatrici e mezzi corazzati. Al termine del primo assalto, David Koresh, leader della comunità, dissee testualmente al negoziatore dell’ATF “Perché non mi avete chiamato per avvisarmi della perquisizione e del controllo sulle armi? Vi avrei fatto entrare per svolgere il vostro lavoro”. In un’altra telefonata con il suo avvocato Koresh, portato a conoscenza dell’identità degli assalitori, affermò: “Non mi interessa chi sono. Nessuno verrà a casa mia, con i miei bambini in giro, agitando pistole, senza trovarsi una pistola in faccia. Questo è il modo americano di rispondere”. Entrambe le telefonate furono registrate.
Koresh comunicò che non vi sarebbero stati margini di trattativa tenuto conto del comportamento delle forze dell’ordine, anche se concesse a tutti i membri della comunità decisi ad andarsene di poterlo fare, bambini compresi. Alla fine rimasero con lui un centinaio di davidiani. Le autorità non accettarono che un gruppo così sparuto potesse tenere in scacco le forze federali e venne deciso di staccare l’elettricità all’intera proprietà. Dopo decine di giorni di assedio senza alcuna possibilità di vittoria per l’amministrazione Clinton, il presidente ordinò l’assalto finale. I mezzi blindati dell’FBI sfondarono le pareti degli edifici, saturarono di gas lacrimogeni gli ambienti e diedero fuoco agli interni. In una giornata ventosa e con costruzioni quasi interamente fatte di legno, le fiamme si propagarono ad una velocità spaventosa. Morirono 100 persone, tra cui 20 bambini e donne in stato di gravidanza.
Non furono trovate armi illegali o armi pesanti, come invece dissero inizialmente FBI e ATF per giustificare l’attacco finale. I vertici delle forze federali gridarono che i davidiani avevano deciso di suicidarsi in massa e che furono loro stessi ad appiccare gli incendi. Una bugia dietro l’altra per giustificare quello che solo gli stupidi e i complici non possono definire come omicidio di massa.
Un atto scellerato di totale disprezzo della vita e dell’umanità di cui il democratico Bill Clinton, un giorno, dovrà rendere conto ad una giustizia superiore alla nostra.