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Truffe d’oltrefrontiera. La stramba contabilità della minoranza italiana in Istria

di Diego Matejka
19 Giugno 2014
in Home
3
Truffe d’oltrefrontiera. La stramba contabilità della minoranza italiana in Istria
       

Ennesima truffa ai danni degli esuli e dei cittadini italiani tutti. Non è, infatti, cosa nota che tutti gli immobili acquistati negli ultimi 60 anni dallo Stato Italiano in Jugoslavia poi Croazia e Slovenia, quali ad esempio asili, istituzioni culturali volti presumibilmente alla promozione della cultura italiana sono in realtà proprietà di associazioni private di Fiume e di Capodistria — l’Unione degli Italiani e dintorni, vecchi terminali del disciolta Lega dei comunisti jugoslava — ,  monopolizzate da anni da un piccolo “cerchio magico”.
Parliamo di un capitale immobiliare il cui valore viene stimato in una cifra fluttuante tra i 20 e i 30 milioni di euro — a cui si sommano i contributi per  Tele Capodistria, Radio Pola e Radio Capodistria, come l’Edit, unica casa editrice operante —  che spetterebbero di diritto al nostro ministero che farebbe bene a reclamarne la titolarità. Questo flusso di denaro è purtroppo solo in minima parte destinato alla comunità e alle attività di promozione culturale italiana; la più ampia fascia di questi finanziamenti finisce inesorabilmente nei forzieri di una ristretto gruppo di funzionari,  vicini da sempre al potere locale e al Partito Democratico in Italia.
Si tratta di una sinistra anomalia, visto e considerato che ovunque i beni delle Repubblica Italiana sono intestata in tal caso ai consolati o alternativamente alle ambasciate. In base ad accordi bilaterali tra stati questa logica è stata completamente disattesa creando derive ancor più pericolose.

Ma non è tutto. Grazie ai soldi di Roma, l’Unione Italiana non solo influenza e condiziona tutte i principali canali di diffusione e promozione d’iniziative culturali, editoriali, televisive e radiofoniche in lingua italiana, ma interviene puntualmente al momento delle elezioni  italiane, ovviamente in soccorso dei suoi referenti nazionali. È la storia dei famosi pulmini carichi di pensionati, decisivi per garantire la vittoria (strappata per un migliaio di voti scarsi) della signora Serracchiani alle ultime regionali. Il tutto in forza di una lettura distorsiva della legge sugli italiani all’estero che permette di votare ai votare i “rimasti” per le amministrazioni locali italiane a Trieste, Gorizia e più in generale nella regione.

Per quanto concerne la vocazione patriottica di questi protagonisti ricordiamo come l’on. Roberto Battello, deputato a vita dell’UI a Lubiana,nulla proferì quando la Slovenia inaugurò un enorme recinto che aveva contenuto 300 mila persone, svettante il monumento a Tito e la riproduzione sul marmo delle sue frasi più significative, nel 60° anniversario del discorso del 1953 a Okroglica nel quale rivendicava Trieste, Gorizia, la Bassa friulana e Grado davanti a 300 mila jugoslavi provenienti da tutta la Federativa.
Urge sollevare la questione e risolvere questa persistente distorsione economica, storica e culturale.

Tags: CroaziaesuliFriuli Venezia GiuliaIstriaPartito DemocraticoSlovenia
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Diego Matejka

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Commenti 3

  1. giorgio rustia says:
    9 anni fa

    E’ una vergogna che questi “italiani” figli e nipoti di coloro che nel 1947 scelsero la cittadinaza jugoslava rinnegando l’Italia, oggi vengano a Trieste e nella Venezia Giulia a votare per il sindaco delle nostre città e per i presidenti delle nostre province e della nostra regione. Perchè uno che per cittadinanza è mezzo croato o sloveno e mezzo italiano deve poter votare a votare in Italia ?? Allora Nelson Mandela che per tuta la vita si è battuto per il principio “UN UOMO, UN VOTO” era un imbecille ?? Perchè questi mezzi italiani possono votare sia in Cro e Slo ed in Italia ???

    Rispondi
  2. Pingback: Truffe d’oltrefrontiera. La stramba contabilità della minoranza italiana in Istria | aggregator
    • Adriana Defilippi says:
      8 anni fa

      La PD Serracchiani assieme al suo compagno di partito Rosato, prima delle elezioni sono andati in Istria, sia nella parte slovena che in quella croata, a fare i loro comizi e a prendere accordi con i dirigenti dell’Unione degli Italiani. Desidero ricordare che oltre ai pullman che portano un centinaio di residenti di quei due paesi a votare da noi, tutto il resto dei cosiddetti “italiani rimasti” (circa 13.000) vota nelle numerose sedi della U.I. che raccoglie le schede e poi le manda al consolato italiano di Fiume. Le elezioni non hanno la presenza di forze dell’ordine che assicuri la correttezza dello spoglio ed avvengono in locali non istituzionali come scuole, comuni, caserme, ecc. ma nelle sedi della U.I. Quando dev’essere eletto il sindaco di una città italiana del Friuli Venezia Giulia (che sarà quello che poi mi farà pagare le tasse per l’asporto dei rifiuti, quelle sulla casa ed altre) il voto di quelli di fuori decide per noi. E’ giusto? Se proprio non si può evitare di far votare questa gente per i nostri amministratori, non si potrebbero almeno far sparpagliare i loro voti in tutto il territorio nazionale dove non avrebbero un peso determinante? E quelli che vengono a votare qui nei nostri seggi, dove hanno la residenza da noi? A casa di qualche parente o amico prestanome, ma non pagano le tasse comunali e regionali come i veri residenti. Allora chi si muove per normalizzare questa anomalia? Desidero ricordare che quelli che hanno optato di rimanere hanno optato di non essere più italiani e diventare jugoslavi a tutti gli effetti. Come mai ora sono considerati italiani all’estero se sono diventati jugoslavi per loro propria scelta ed hanno fatto i militari per la Jugoslavia?

      Rispondi

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