I media sono un partito di opposizione: con questa semplice riflessione Trump sintetizza buona parte delle ultime presidenziali americane. Mostrandoci un’importante evoluzione della politica post-democratica. Che la quasi totalità dei media americani e la maggioranza dei media mondiali abbiano fatto opposizione a Trump, è lì da vedere. Che questo non sia servito a nulla, si è già verificato. Due riflessioni aggiuntive su ruolo ed evoluzione dei media.
Il mercato dei media
Ciò che ha compreso Trump è il ruolo dei media, tradizionali come nuovi. La loro natura è di trasmettere informazioni, a volte create all’interno dello stesso circuito, ma nondimeno hanno bisogno costante di qualcosa da trasmettere; e il contrasto vende più dell’armonia, la notizia paurosa più di quella gioiosa, il padrone che morde il cane più del cane che morde il padrone. Trump ha saputo sfruttare a suo vantaggio questo schema: essere il personaggio più odiato dai media americani significa essere costantemente presente sui media americani. Siccome il significato del messaggio nella società dell’informazione è il messaggio stesso, non il suo contenuto qualificante, questo odio ha portato a un enorme spot dei media a Trump: sono stati loro a legittimarlo e sono stati i suoi veri, grandi, sostenitori.
The Donald ha riconosciuto le regole dei media e ci ha giocato.
Lo schieramento dei media
All’interno di questo flusso costante di pubblicità a Trump, le voci dei media – commentatori, editorialisti, opinionisti – erano apertamente contro di lui. Questo ci permette di rimarcare due fenomeni.
Il primo: i media sono ormai indubitabilmente un potere politico, che però non risponde a logiche politiche pure, ma a logiche economiche, per quanto specifiche del proprio mercato. Perciò anche se politicamente opposti a Trump, non possono che dargli spazio e visibilità. Ciò non toglie però che anche i media hanno una coscienza politica, uno schieramento e degli avversari politici. In Italia, negli anni del berlusconismo, l’abbiamo capito bene.
Dall’informazione all’opinione
Da ciò il secondo punto: se fino a qualche anno fa uno dei requisiti fondamentali per la presenza sul mercato dell’informazione di una testata, tradizionale o nuova, era l’indipendenza, almeno per finta, dai giochi politici, guardandoci attorno oggi le testate esplicitamente schierate sono la maggior parte. Si riduce enormemente il numero di media che fanno informazione pura e terza, mentre aumenta quello dei media che fanno informazione-spettacolo o pura propaganda. Il mercato oggi compra volentieri non solo le informazioni, ma soprattutto le opinioni divisive e radicalizzanti. I cd. populisti sono un fenomeno contemporaneamente avversato e cavalcato dai media. In questo nuovo schema, la cittadinanza sembra addirittura favorevole alla nuova informazione d’opinione. Quali che ne siano gli aspetti positivi e negativi, tutto ciò sta a dimostrare che The Donald non si sbaglia nel definire i media un vero opposition party.