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Home Economia

Turbocapitalismo/ Élite denazionalizzate o antinazionali?

di Emiliano Calemma
5 Settembre 2021
in Economia, Home
1
Turbocapitalismo/ Élite denazionalizzate o antinazionali?
       

Non ci può essere tragedia più grande per un popolo, e di conseguenza per una nazione, che essere governati da una élite senza alcuna appartenenza: etnica, culturale, geografica. Ovviamente in un mondo economico globalizzato in cui l’unico obiettivo certo è quello di creare un unico grande mercato al ribasso, le élite al comando vogliono e devono essere assolutamente riconoscibili come senza patria, anzi ancor meglio, come “cittadini del mondo” (definizione positivamente riconosciuta ad ogni livello sociale e ad ogni latitudine).
La realtà è che anziché essere cittadini del mondo sono veri e propri cittadini del nulla, poiché dalle loro fortezze dorate situate in prestigiose località, volano in giro per il mondo alla ricerca di merci, mercati e nuovi schiavi. Anche ai bistratti tempi del medioevo il feudatario aveva un profondo legame con la sua terra e il suo popolo, oggi invece le élite mondialiste ci guarderebbero bruciare vivi piuttosto che sporcarsi l’abito firmato per tenderci una mano.
Quella messa in atto dai grandi miliardari apolidi è una vera e propria distruzione creativa, basata proprio sull’assenza di ogni legame tipico e, quindi, dell’assenza di un qualsiasi sentimento di umanità. Il capitale si sa è di per sé senza patria, ma è comunque il suo utilizzo e farne in un certo senso la differenza. Spieghiamoci meglio: fino a qualche anno fa se volevi comprare un televisore italiano potevi farlo, oggi non più. Questo perché tutto è stato sradicato, anche e soprattutto quella che era considerata produzione nazionale.
Purtroppo queste scelte economicamente distruttive, diventano devastanti anche e soprattutto a livello sociale. Hanno trasformato i lavoratori in numeri e grafici e di conseguenza è venuto meno il rapporto territoriale e umano con le maestranze. Sono andati alla ricerca dei disperati non per aiutarli, ma per annullare le rivendicazioni salariali di tutti gli altri. Hanno costruito stabilimenti ovunque, affinchè nessuno si riconoscesse in un luogo, ma in un marchio.
Qualcuno scrisse “gli industriali non scioperano, ma si ritirano dalla vita nazionale”…e così è stato. Questo distrugge qualsiasi Paese, costringendolo poi ad accettare qualunque condizione pur di continuare a mangiare. In tempi non sospetti questo poteva essere definito ricatto, oggi non è permesso: si chiama benevolenza dei più potenti. E allora siamo poi felici se Bezos apre un nuovo mega centro di smistamento o se FIAT non esiste più, cambia nome e vola in Olanda. Anzi, rendiamo grazie.
Oltre a farsi riconoscere come senza patria, costringono tutte le popolazioni al medesimo processo, facendoci diventare a nostra volta apolidi contenti di esserlo. Siamo felici di volare a Los Angeles, Tokyo, Pechino o Rio de Janeiro e vedere gli stessi centri commerciali, le stesse catene di bar e fast food, di ascoltare la stessa musica e di vedere gli stessi abiti. Questo quando abbiamo la possibilità di volare, altrimenti siamo a casa a bussare alle porte di Amazon o di Glovo, pregando che ci facciano lavorare per loro, al salario stabilito sul parametro dei disperati che, con una finta accoglienza umanitaria, stanno devastando il nostro tessuto sociale.
Dubitiamo fortemente che Zuckerberg, Bezos, Gates e molti altri come loro abbiano realmente a cuore gli interessi di qualcuno diverso da loro. Non pensiate che la filantropia dei suddetti, consegnata in pompa magna ai titoloni dei media, sia realmente spinta da sentimenti umanitari. Come aveva intuito parecchi anni fa Giorgio Gaber: “…Penso ad un popolo multirazziale, Ad uno stato molto solidale, Che stanzi fondi in abbondanza, Perché il mio motto è l’accoglienza…” è il potere dei più buoni, ed è così che noi dobbiamo percepirli, altrimenti saremmo di fronte ai mostri e i nostri fanno paura.

Tags: capitalismoeconomiaglobalizzazione
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Commenti 1

  1. Gabriele Baraldi says:
    2 anni fa

    Condividendo l’articolo non comprendo la posizione di FdI disponibile a considerare la candidatura di Draghi alla presidenza della Repubblica . Spiegano, perché ciò porterebbe alle elezioni, ma come al solito quando si antepongono le scelte “strategiche” agli obbiettivi politici nel medio tempo porta a contraddizioni che finiscono per screditare tutta la politica. Come al solito forse la bramosia di potere si mangia la buona politica ? Appoggiare Draghi è il bacio avvelenato che renderà agli occhi degli elettori FdI uguale al PD, 5 stelle, Forza Italia, spero che FdI sia ancora in tempo e che non abbia già venduto l’anima al diavolo.

    Rispondi

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