Quando nel 1980 in Italia fu varato il Servizio Sanitario Nazionale, ancora in vigore, il governo giapponese inviò un emissario nel nostro paese per verificare la possibilità di introdurlo nella terra del Sol Levante. Dopo qualche mese di studio l’emissario nipponico tornò e riferì al suo governo : non è possibile copiare il modello italiano perché i costi sono insostenibili. In effetti nessuno dice che il forte debito dello Stato italiano è in gran parte gravato dai passivi del sistema sanitario, concepito secondo il dettame del “tutto a tutti”. Ovviamente così non è mai stato ma proprio in questi ultimi tempi i nodi stanno arrivando al pettine.
Nella mia attività di medico di famiglia ( il termine di ” medico di base” lo lascio ai bolscevichi) in questi ultimi mesi ho notato un incremento esponenziale del ricorso dei pazienti alle visite private specialistiche : la prassi è più o meno sempre uguale, il paziente si reca agli sportelli degli ambulatori ospedalieri o delle cliniche convenzionate e alla richiesta della prenotazione di una visita o di un esame si sente così rispondere :” con la mutua nel 2017, privatamente in settimana !” Con questa specie di ricatto spesso non voluto ma talvolta pilotato, il paziente cede ed opta per il privato.
L’ultima trovata è il “solventino”, termine che ho scoperto da poco, in pratica una “tangentina” che alcune cliniche convenzionate fanno pagare per poter ottenere una priorità nelle prenotazioni specialistiche : infatti con una tariffa intorno ai 60 euro ,una via di mezzo tra il costo del ticket e l’onorario dello specialista, si ottiene la visita in tempi brevi. Questa è una forma di difesa che molti istituti convenzionati attuano per sopravvivere alle limitazioni nei rimborsi da parte della Regione.
Nel frattempo aumentano i sistemi di autodifesa da parte del paziente : sempre più persone ricorrono ad assicurazioni sanitarie private o le ottengono come benefit dalle aziende per cui lavorano. Iniziano a prosperare centri polispecialistici dove con un onorario calmierato operano medici privati, spesso agli inizi della carriera, che offrono consulenze con tempi d’attesa ridotti. Questi professionisti guadagnano al netto circa 20 euro a visita, lavorano sulla quantità ma sopravvivono.
Tutta questo incremento della attività privata si ritorce sul medico di famiglia a cui viene richiesto di trasformare in impegnative gli approfondimenti diagnostici proposti dai colleghi specialisti, non autorizzati in regime di solvenza ad emettere richieste mutualistiche. Così aumentano i costi nel budget del medico di medicina generale ed il contenzioso con i pazienti , quando le richieste non sono ritenute congrue ma si rivelano utili solo allo specialista per giustificare le proprie salate parcelle.
I medici di famiglia sono ormai prossimi al collasso per una lunga serie di problemi: più o meno tutti appartengono ad una sola generazione, sono in gran parte nati tra gli anni 50 e 60, sono prossimi alla pensione, demotivati, non hanno ottenuto un ricambio, sono spesso ultra massimalisti, le Asl hanno preferito caricarli di più pazienti possibile piuttosto che aprire a nuovi incarichi, sono oberati da pratiche burocratiche al limite della follia, subiscono corsi di aggiornamento che nulla hanno a che fare con la pratica clinica. Le istituzioni non li gratificano se eseguono bene il loro lavoro, se curano con coscienza e professionalità i propri assistiti, a loro preme che i medici risparmino sui farmaci e stiano il più possibile entro il budget previsto. Si calcola che tra pochi anni più di 16000 medici di famiglia andranno in pensione lasciando senza il proprio dottore oltre 19 milioni di pazienti.
Un esempio di come tutto sia rabberciato riguarda l’introduzione della cosiddetta ricetta “dematerializzata” ; il progetto, che avrà avuto sicuramente un alto costo di realizzazione, prevedeva che il paziente, una volta ottenuta dal medico la prescrizione della terapia, si recasse in una qualsiasi farmacia e con il solo tesserino sanitario in mano ritirasse la sua medicina, presente in un elenco on line. Invece non è così, occorre ancora farsi consegnare dal medico un documento cartaceo, una ricetta ora “bianca” e non più” rossa”; si arriva alla” barbonata” di accollare al medico il costo e la gestione della carta per emettere la prescrizione. Dicono che siamo in una fase transitoria, staremo a vedere.
Ma questa situazione non riguarda solo i medici di medicina generale: i contratti ospedalieri sono tutti fermi al 2005 e nessun sindacato può solo osare chiedere un qualche aumento. Lo Stato preferisce dirottare soldi sull’accoglienza ad immigrati economici che investire nella salute dei propri connazionali.
Il blocco delle assunzioni fa sì che quando in ospedale un medico si ammala o una collega si assenta perché in gravidanza, non c’è nessuno pronto alla sostituzione; i turni vengono redistribuiti fra i presenti, così che diventa arduo mantenere gli impegni di lavoro ed essere lucidi nei momenti cruciali che la professione prevede. Altro che “Fertility day”, se una dottoressa o un’infermiera rimane incinta, si crea il panico in reparto! Si arriva al punto che il primario supplichi le proprie giovani assistenti di aspettare a mettere al mondo un figlio.
Proprio il Ministero che propaganda certe iniziative è in difetto sulla tutela delle proprie dipendenti.
Agli sportelli delle prenotazioni ambulatoriali vige la lotteria : riuscirà il paziente a ottenere l’esame come da richiesta ? Le domande degli addetti sono di prassi ma appaiono minacciose .”Ha pagato il ticket ?” Ha portato l’esenzione? Ma il suo medico non gliela ha fatta ?” “Dov’è la causale ? E’ questa scritta così in piccolo a sinistra? Ma il suo medico non poteva renderla più chiara ? “ “Quale è la priorità ? E’ la “D” o la “P”? “ “Le i ha il bollino verde? Come mai non glielo ha messo ?” “Lo sa che anche con il bollino verde non c’è posto? “ “Ho un posto libero fuori città, lo accetta?” “ La visita è di controllo o prima visita ? E perché non c’è scritto ?” “L’oculista è libero novembre 2017, le va bene?” Se uno supera tutti questi quesiti forse ottiene la prenotazione. Avviene anche che i medici ospedalieri, oberati da troppo lavoro, sbaglino la compilazione di almeno un terzo delle impegnative : mancano, nell’ordine di frequenza, l’esenzione, la causale ,la priorità ,la parola “controllo”, o addirittura la firma o il timbro sulla ricetta. Così il povero paziente-suddito è costretto ad andare dal proprio medico curante a farsi compilare una nuova impegnativa. Tutto questo determina perdita di tempo ed anche rassegnazione nei pazienti anziani, che si scontrano con un’inflessibilità agli sportelli che meriterebbe una miglior causa.
Ma poi può capitare l’addetto allo sportello alle prime armi ,quello che crea ingorghi da esodo estivo in autostrada; mi è stato riferito da un collega che un grande ospedale milanese, essendosi creata la necessità di rimpiazzare alcuni di questi addetti senza poter assumere, abbia richiamato alcune aiuto cuoche della mensa, che improvvisamente sono passate dalla preparazione delle salse in cucina al disbrigo delle impegnative a contatto con il pubblico.
Molti ambulatori convenzionati , visto l’aumento dei ticket imposti dalle regioni, hanno deciso di farsi pagare la prestazione, dove possibile, allo stesso prezzo , in regime privatistico, pur di recuperare i costi di gestione.
Piano piano, in perfetto stile renziano, come per magia, il servizio sanitario nazionale sta restringendo il suo campo d’azione: l’importante è che ciò avvenga in silenzio, senza accorgersene. I proclami servono per il referendum ed altra fuffa.
Non parliamo poi della ricerca , ormai rinchiusa in piccole roccaforti, minacciata dalla fuga dei cervelli e da uno Stato miope fino quasi alla cecità.
Ciò che dispiace è che abbiamo eccellenze in tutti i campi della medicina, figure professionali invidiate nel mondo e ci dobbiamo scontrare con la stupidità della burocrazia ed il dilettantismo della politica.