Meritano considerazione e di essere conosciute e diffuse le osservazioni fatte dall’economista Giuseppe Pala su scenari economici. it e riprese da “Il Giornale d’Italia”. A suo avviso “Il vero obiettivo dello Jobs Act è quella di ridurre i salari (attraverso la creazione di concorrenza spietata tra richiedenti lavoro) e di smantellare le tutele / garanzie contrattuali e di legge in favore dei lavoratori (facilitando ad esempio i licenziamenti e i demansionamenti), con lo scopo di far abbassare i prezzi dei prodotti da esportare e far riprendere le esportazioni senza far leva sulla svalutazione della moneta”. Palma osserva poi che “il lavoro, tuttavia, non si crea solo se aumentano le esportazioni (fattore comunque fondamentale), ma anche – soprattutto – quando lo Stato crea le concrete condizioni per la ripresa dei consumi interni, i quale aumentano solo se un numero sempre maggiore di cittadini percepisce un reddito dignitoso che consenta di spendere”. Il nostro “premier” non è solo un mostro dal punto di vista operativo, ma anche è strepitoso e decisivo sul piano propositivo. Dopo aver varato lo Jobs Act, ha appena sistemato le banche popolari e si appresta i suoi nemici interni con il varo dell’Italicum. Peccato però che su questa genialità per il campo lavorativo, si appuntino non poche critiche, da quelle riportate sopra a quelle sulla defiscalizzazione posta a carico dello Stato e quindi dei cittadini a quello sullo strombazzato risultato degli 80 mila contratti a tempo indeterminato, che – è anche ammesso da voci governative – potrebbero riguardare soltanto ex precari, licenziabili dopo 3 anni. Il dott. Renzi dovrebbe ricordare l’Evangelista Matteo “ad ogni giorno la sua pena”.
Come quasi sempre Michele Ainis riesce ad essere quasi sempre plausibile e soddisfacente. In una “opinione” espressa sul “Corriere della Sera”, sintetizzata “Il premier, che è anche segretario del Partito democratico e titolare di tre dicasteri, interpreta lo spirito dei tempi, che richiede a gran voce maggiore unificazione. Ma gli eccessi rischiano di lasciarci prigionieri in un guscio vuoto”. Riferendosi solamente all’Italia e non a paesi vicini o comunque europei, beneficiari di questa novità dell’unificazione, che ad Ainis che somiglia sempre di più ad una ventata totalitaria (Mussolini, nel corso del ventennio, alla carica di Primo Ministro Segretario di Stato ha assommato più volte di quello di responsabile degli Esteri, dell’Interno, della Guerra, della Marina, dell’Aeronautica, dei Lavori Pubblici e quindi delle Corporazioni). “Matteo” è comunque sulla buona strada , grazie anche e direi soprattutto di una opposizione consistente, compatta e decisa. Ainis – sia detto a suo merito – riconosce che “l’unificazione generà uniformità e quest’ultima ci cuce addosso un’uniforme”. Un’uniforme, che grazie all’inarrivabile presidente del Milan, culminerà con la nascita di “un ciclope con un occhio solo sulla fronte: il partito premiato dall’Italicum”.
Ainis chiude, riesumando un aforismo di De Gaulle: “non si può unificare un Paese che conta 256 tipi di formaggi” . “E il formaggio – nota l’editorialista – una volta piaceva pure a noi italiani”, anzi per dirla completa e veritiera, era prodotto in moltissime qualità e nelle aree più disparate del paese.
Alleluja! Finalmente ! era ora! Il segretario della CEI mons Nunzio Galantino si è accorto dei provvedimenti in preparazione nella pentola governativa ed elaborati in altre sedi ed ha definito il ddl Cirinnà sulle unioni civili “una forzatura ideologica” ed un tentativo “di equiparare realtà che sono diverse tra loro. Ha denunziato anche “la colonizzazione ideologica del gender nelle scuole”.