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Un ossimoro politico chiamato Enrico Letta

di Maurizio Bianconi
10 Settembre 2022
in Home, Pòlis
0
Un ossimoro politico chiamato Enrico Letta
       

Enrico Letta è segretario nazionale del labour party postcomunista più grande del mondo e è allo stesso tempo rappresentante in Italia del più robusto capitalismo finanziario dell’Occidente. È membro primario della Trilateral Commission, punta di diamante del globalismo speculativo e della postdemocrazia di banche e multinazionali. In tale veste fu ricevuto dal presidente della repubblica nel 2016 insieme agli altri membri della associazione di cui Mattarella ebbe a tessere lodi. Episodio oscuro, che solo in seguito ha  svelato i suoi contorni

Letta appare come un ossimoro politico, una contraddizione vivente. In questa campagna elettorale sta incappando in un infortunio dietro l’altro. C’è chi sostiene che in realtà lo stia facendo di proposito, dando un senso alla sua posizione che diversamente apparirebbe inconcepibile. Starebbe completando la mission di disintegrazione di un partito di peso, secondo i dettami della postdemocrazia e del capitalismo finanziario e in accordo con i suoi sodali ovunque  annidati.

L’ ultimo scivolone in ordine cronologico  è l’attacco alla legge elettorale che a  dire di Letta darebbe risultati perversi e pericolosi per la tenuta democratica del paese. La legge elettorale (cd Rosatellum), fu voluta dal PD. Tanto fu voluta che fu operata  una forzatura inconsueta, cioè l’imposizione del provvedimento  con ripetuti voti di fiducia. Il fondamento etico della dialettica democratica è che le regole le fanno le assemblee e non i governi e che la loro approvazione è svincolata da ogni logica di maggioranza e opposizione e dalla forma di atto di governo. Il voto di fiducia rinnegava tutto questo è denunciava un’ansia prevaricatrice non foriera di buoni auspici.

Per superare lo svarione il segretario ha fatto un nuovo scivolone e ha incolpato Renzi del malfatto. Ha spiegato che Renzi  con questo espediente voleva ottenere il 70% dei seggi col 40% dei voti. La giustificazione era banale e non liberatoria per un un dirigente Pd di peso, rimasto a suo tempo silente di fronte al tentativo del suo leader di uccellare l’universo mondo e tradire i principi di libertà e di democrazia. Letta in questo modo ha soltanto confessato che il Pd aveva architettato tutto per falsare a suo pro i risultati elettorali.

Quell’episodio di vita istituzionale  fu contro ogni possibile decenza. Il Pd fu validamente sostenuto da Forza Italia in salsa nazarena, dalla Lega che era all’inizio delle ambizioni di Matteo Premier e Denis Verdini gran commis del pasticcio. Zingaretti e Letta hanno avuto 5 anni per rimediare al malfatto. Nessuno si è mosso, nella convinzione che vada come vada, non accadrà nulla.

Nessuno si meraviglia neppure delle sciocchezze che predica Letta per racimolare il “voto utile”. Non ci saranno voti “utili” poichè come asetticamente Corsera Economia enunciava «Più di quanto abbiano capito a Roma, il piano di ripresa e resilienza…è di fatto il programma blindato da Bruxelles della prossima legislatura in Italia».

Nella realtà  il “voto utile” è finalizzato a un altro mezzo imbroglio, che coinvolge tutti. Lo scopo reale delle elezioni è raggiungere un risultato di partito tale da consentire la miglior spartizione di cariche e poltrone. Poichè qualsiasi cosa abbia a succedere tutti, Pd compreso, saranno della partita. Che la gara sia interna e non finalizzata a vincere le elezioni lo riprovano i battibecchi continui nel cosiddetto centrodestra e il grande can can del Pd e dintorni circa il presunto fascismo della leader e del partito di probabile maggioranza relativa.

Argomenti triti, aggressioni che si ritorcono contro i lanciatori di fatwa, sciocchezze abissali. Come le liti  e la favola del voto in più nel centrodestra sono a pro dei competitor, l’antifascismo di giornata è tutto fieno in cascina per la leader di destra e il suo partito.

Ognuno tenta di assicurarsi posti, posizioni, cariche, non il lasciapassare per la vittoria. Tanto non c’è chi non abbia capito che si aspetta il premier uscente  o un suo epigono e l’Agenda Draghi che non c’è ma che tutti evocano, in una rappresentazione un po’ grossier di una commedia degli inganni senza fine e soprattutto senza lieto fine.

Tags: elezioniEnrico LettaPartito Democratico
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