La Marina della Repubblica Popolare Cinese ha varato questa mattina la sua terza portaerei, la prima di concezione interamente nazionale dopo le prime unità di questo tipo eredi dirette – per impostazione generale – della Varyag ex sovietica. La cerimonia si è svolta nel cantiere navale Jiangnan di Shanghai.
La Fujian – questo il nome assegnato all’unità, distintivo ottico 18 – ha un dislocamento di circa 85.000 tonnellate e propulsione convenzionale, quanto a dimensioni non è dissimile dalle portaerei americane delle classi Nimitz e Ford. L’allestimento della Fujian dovrebbe essere completato entro la fine dell’anno, mentre il 2023 dovrebbe essere dedicato alle prove in mare ed all’integrazione del gruppo di volo. Difficile dire quando la terza portaerei cinese raggiungerà la piena capacità operativa: la Liaoning – prima unità di questo tipo ad entrare in servizio nella marina cinese – ha impiegato circa sei anni per raggiungere questo traguardo, la Shandong – varata nel 2017 – non ha ancora completato l’iter necessario.
La Fujian rappresenta un evidente passo in avanti per la flotta di Pechino sotto il profilo tecnologico, basti pensare che questa unità dispone di tre catapulte elettromagnetiche per il lancio dei velivoli e di cavi d’arresto, a differenza delle altre due portaerei cinesi dotate di ski-jump.
Il varo della nuova portaerei rappresenta senza dubbio un risultato importante per la marina cinese, ma è bene rilevare come il potenziamento della proiezione navale cinese non è affidato solo alla crescita – numerica e qualitativa – della flotta, che resta certamente il suo presupposto fondamentale. Nei giorni scorsi sulla stampa statunitense – combinazione!- sono trapelate indiscrezioni in merito alla possibile realizzazione di una base navale cinese in Cambogia. L’installazione sarebbe la seconda base all’estero delle forze armate cinesi dopo quella di Gibuti.
In particolare il nuovo punto d’appoggio della flotta di Pechino starebbe sorgendo all’interno della base navale cambogiana di Ream, che resterebbe sotto il controllo di Phnom Penh ad eccezione della porzione in cui stanno sorgendo le strutture destinate alla marina cinese. La nuova base in territorio cambogiano consentirebbe a Pechino di rafforzare ulteriormente la propria presenza nel Mar Cinese Meridionale, sostenuta ora dalle basi nell’isola di Hainan e nelle isole degli arcipelaghi contesi ed occupati manu militari dalla marina della Repubblica Popolare e trasformate in punti d’appoggio/avamposti militari.
Da Ream – oltre che dalle Isole Salomone, recentemente firmatarie di un accordo con Pechino che offre punti di appoggio alla flotta cinese – anche la proiezione cinese verso lo stretto di Malacca è decisamente più agevole. Un’altra mossa della delicata e complessa partita che si sta giocando nell’Indo-Pacifico, partita solo apparentemente messa in ombra dalla crisi ucraina, ma vera sfida del XXI secolo per la potenza globale egemone – gli Stati Uniti – e la potenza emergente – la Cina -.