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Una storia inutile e una condanna cretina

di Maurizio Gussoni
30 Giugno 2013
in Home
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Una storia inutile e una condanna cretina
       

“La legge non è la giustizia. È un meccanismo molto imperfetto. Se premi esattamente i bottoni giusti e sei anche fortunato, può darsi che la giustizia ti dia la risposta giusta”. Questo diceva il grande scrittore americano Raymond Chandler. Ed è un problema di bottoni, quello che è cascato sulla testa di Silvio Berlusconi. Condannato, secondo l’accusa, per essere troppo esperto in bottoni di vestiti femminili. Quindi sembra proprio che, intento in altro, si sia dimenticato di premere, invece, quelli che governano la giustizia. ed ancor di più quelli che attivano la riforma. Ma vi pare possibile che uno venga condannato a sette anni per fatti che in Italia succedono milioni di volte all’’anno? Telefonate di “raccomandazioni” comprese.

Ma, a veder bene, la vera condanna, auspicata dagli oppositori, è l’’interdizione. Ottenuta slacciando, invece di schiacciare, i famosi bottoni. E così, l’’ex premier, si è guadagnato la possibilità di non tornare più in politica. Nemmeno come consigliere di zona. Eppure, nelle nostre città, di bottoni pruriginosi se ne slacciano davvero tanti. Qualcuno ha mai dato un’occhiata a qualche locale notturno, spesso popolati di ragazze e ragazzine a disposizione dei clienti? Qualcun altro ha mai dato un’’occhiata alle notizie di nera dove, addirittura, si scopre che certe liceali si vendevano per una ricarica di telefonino? Ed a proposito della concussione, qualche segugio ha mai intercettato le telefonate degli uffici pubblici, ricche di pressioni e raccomandazioni tese ad ottenere i favori più incredibili? Una tessera sanitaria prima del tempo, una concessione edilizia che non si dovrebbe dare, una visita specialistica anticipata mettendo gli altri in coda. E via, via, fino ai caciocavalli con lo sconto! Rimaniamo, e forse lo rimarremo per sempre, gli italiani di Alberto Sordi. Quelli che, se proprio non ci riescono con le loro forze, vanno dallo zio prelato. Quelli che non si lamentano mai delle troppe lungaggini italiane perché hanno sempre un santo in paradiso, va bene anche quello di serie C.

Nel processo Ruby-Berlusconi, si è detto più volte, non c’era alcuna parte lesa. E’ vero, nessuno si è costituito parte civile. La poliziotta concussa ha detto di non essere concussa. La minorenne traviata ha detto di non essere mai stata toccata. Ma la condanna è arrivata lo stesso. Hanno detto che era una condanna politica, a noi sembra una condanna cretina. Ha trasformato in vittima un personaggio che, forse, avrà una dubbia moralità. Ma che la esercita… all’’interno dei fatti suoi. E poi una parte lesa, alla fine, c’’è stata: il senso della giustizia e la considerazione dei giudici da parte dell’’opinione pubblica. Che conta più di ogni cosa. Questi valori, ormai, sono – in termini di considerazione – molto vicini allo zero. Invece che nella sala avvocati del tribunale, andate al Bar Sport. Sentirete cosa ne dice la gente della magistratura. Magari non per difendere Berlusconi, ma per raccontare che la propria causetta viene rinviata, di anno in anno, da due o tre lustri. E magari vi racconteranno che, di pomeriggio, in tribunale i topi possono scorrazzare quanto vogliono. Non si vede un cane in giro. Ma, è vero, dimenticavo che… lavorano a casa!

Ma un retrogusto a tutto questo c’’è: chi scrive, la mattina dopo all’emanazione della discussa sentenza,  arriva a Francoforte, in Germania. La prima cosa che ci sentiamo chiedere dalla signorina tedesca che ci riceveva è: “Ma Berlusconi lo hanno arrestato?”. Rispondiamo: “Ovviamente no”. Seconda domanda: “Ma che cosa sta facendo ora Berlusconi?”. Seconda risposta: “Boh, sarà in parlamento a lavorare!” Terza domanda: “Ma, alla fine, che cosa è davvero successo in Italia?” Terza risposta: “Assolutamente niente”. E quegli occhioni blu, quelli della ragazza, con la memoria del nonno sono tornati ad una data che, da tanto tempo, ci pesa sulle spalle: l’8 settembre.

Tags: Alberto SordiBerlusconimagistraturaRaymond Chandler
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