Torno a scrivere, dopo un lungo silenzio, per esplicita richiesta dell’amico Marco Valle e perché il tema di oggi merita e giustifica l’eccezione: la scomparsa di Silvio Berlusconi, l’uomo che ha primeggiato in tutti i campi in cui si è cimentato nell’arco di una vita irripetibile e che ha così tanto plasmato di sé ogni ambito sociale, economico e politico dell’Italia e non solo. Ci sarà tempo, e serviranno decine di migliaia di pagine, per raccontare le qualità ed i difetti dell’uomo, per descrivere le rare sconfitte e gli innumerevoli successi che ne hanno determinato il mito.
Tempo, per dire del costruttore che ripudia l’umiliante sviluppo edilizio degli anni 60 e 70 nelle nostre periferie – i cui palazzi sono funzionali alla gestione clientelare degli amministratori pubblici ma ghettizzano in un alveo deprimente i malcapitati inquilini – e compra un pezzo di terra ai confini di Milano costruendovi una cittadina “felice”, fatta di villette, appartamenti con terrazzi che si affacciano su parchi a verde, con il lago, i cigni, i ponticelli, le scuole, un sistema di sicurezza e vigilanza interno, centri sportivi, luoghi di svago in cui famiglie che si affacciano al benessere creato dal boom economico hanno potuto crescere i propri figli in un ambiente davvero costruito a misura d’uomo.
Tempo, per celebrare il tycoon che porta, primo ed insuperato in Europa, un sistema di produzione e diffusione televisiva a portata di tutti, senza pretender un centesimo di contribuzione pubblica, alimentato solo dalla scelta degli sponsor di partecipare alle trasmissioni di quei canali che diventano in poco tempo la vera, quotidiana finestra degli italiani sul mondo. E tutto il comparto della pubblicità sgomita, eccome, per avere accesso alle vetrine del Cavaliere.
Tempo, per ammirare (nel mio caso da avversario) il visionario che decide di comprare una squadra di calcio in stato fallimentare, annunciando che ne avrebbe fatto il club più forte del mondo; e lo rende tale per quasi due decenni.
Ma oggi, pur della necessità di sintesi e semplificazione, è del politico rivoluzionario che voglio parlare. Perché Berlusconi è stato senza tema di smentita il più importante personaggio politico della Repubblica Italiana, quello che l’ha modellata e conformata alla sua visione dell’uomo e della libertà. Non è stato scevro da errori, in qualche caso da colpe gravi, e ha registrato importanti insuccessi; ma di questo si parlerà, ne parlerete. Io qui non intendo glorificarlo, ma evidenziarne l’assoluta novità nel panorama politico italiano.
Mi preme ricordare che De Gasperi, Moro, Andreotti, Berlinguer e Craxi hanno avuto vita politica altrettanto longeva ed hanno tutti incarnato il potere nella loro stagione; ma, a differenza dei predecessori che sono stati interpreti intercambiabili di un sistema mai scalfito, Berlusconi è il crinale che divide la storia d’Italia in un PRIMA e un DOPO Berlusconi. Un traguardo che nessuno prima di lui ha mai neppure avvicinato, e che presumibilmente nessun altro raggiungerà per lungo tempo a venire.
Ha trovato un paese chiuso nella morsa di un potentato politico ed istituzionale autoreferenziale, in cui si celebravano come successi o sconfitte dei flussi elettorali del + 0 – 0,3% tra partiti vecchi, lontani dalla realtà, ancorati ad una società di cui non avvertivano la naturale trasformazione. Lui per primo, inatteso e contro tutti, ha saputo offrire agli italiani la possibilità di scegliere, di non dare nulla per scontato, di sovvertire i pronostici, di schierarsi apertamente. Ha creato, smontando lo storico consociativismo che legava cattolici e comunisti in una triste gara a chi fosse più di sinistra, una logica di schieramento ed una politica dell’ alternanza mutuate dalle democrazie più avanzate dell’Occidente.
Ha liberato, anche nell’uso lessicale comune, il termine “destra”, che la gran parte degli stessi italiani anticomunisti rifiutava di adottare per timore di incorrere negli strali del sistema. Ha superato e fatto superare l’ignobile complesso che l’opprimente presenza della curia, mista al sindacalismo della sinistra ufficiale ed alla falsità della narrazione sessantottina, aveva determinato nell’idem sentire della popolazione: per la prima volta, con lui, gli italiani hanno scoperto che chi ha successo va studiato ed emulato, piuttosto che invidiato e demonizzato; e il cammello, passi un po’ dove gli pare…
Ha rivelato l’importanza delle libertà della persona, il diritto all’ambizione, il valore dell’individuo come massima espressione delle capacità e del merito del singolo, anziché accodarsi al carrozzone collettivista, che mira a livellare ciascuno al meno dotato o – peggio – al fannullone per poter mantenere agli stessi pochi boiardi un potere incontrastato su tutti. Ha preso un’Italia cenerentola nei consessi internazionali, abituata a ricevere le veline delle altrui riunioni per apprendere come si sarebbe dovuta comportare, ed ha assunto con un piglio tutto suo – fatto di empatia e carisma – un ruolo protagonista, divenendo in breve una voce cercata ed ascoltata da gente come Merkel, Bush e Putin; mica Landini, Speranza e Travaglio.
Contro di lui, dopo aver sparato a vuoto centinaia di ispezioni della Guardia di Finanza alle sue aziende, si è scatenato il dagli all’untore per colpirlo su una passione che il mainstream imperante vorrebbe archiviare come triste devianza di un passato oscurantista: “A Berlusconi piace la figa”. Lo dico così, con tono apparentemente crudo, perché il Cavaliere sul sacro valore non transigeva, pur non avendo giustamente mai espresso avversione verso altrui gusti alternativi, nel pieno rispetto di quel credo laico secondo cui ciascuno della propria vita privata fa quel che crede.
Così, nel paese (la minuscola non è un refuso) in cui chi imbratta opere d’arte e monumenti pubblici viene tutelato perché “esprime liberamente il dissenso”, si spendono decine di milioni e si impiegano migliaia di ore dell’ordinamento giudiziario per scoprire se – a margine di cene organizzate nella residenza PRIVATA del premier – qualcuno scopasse… Ma l’uomo ha saputo reggere e superare anche questa risibile gogna, forte di una rara capacità di incassare, reagire senza arrendersi mai, ma anche di saper dissacrare e cambiare registro in un batter d’occhio.
Come nella prima occasione in cui ci parlammo direttamente: durante un mio appassionato ed emotivamente difficile intervento alla Camera, lui mi applaudì palesemente per 12 volte dallo scranno di Presidente del Consiglio, e alla fine volle che mi avvicinassi a lui per complimentarsi abbracciandomi. La sera stessa era organizzata una cena del gruppo parlamentare nella quale io diventai, ai suoi occhi, una specie di ospite d’onore. Mi venne a cercare tra i tavoli, mi fece alzare e parlammo mentre mi teneva sotto braccio; d’improvviso il suo sguardo si fece triste e preoccupato, quasi con una smorfia di dolore: “peccato – mi disse posandomi una mano sulla spalla – peccato che io non ti abbia conosciuto prima… Ti avrei fatto fare un trapianto di capelli prima che fosse troppo tardi”.
Restai, basito, a guardarlo senza comunque riuscire ad invidiare la sua artefatta dotazione tricologica. Ora, senza di lui, cambierà tutto; anche in quel centrodestra che fu la sua vera invenzione politica. Chi è rimasto nel suo partito si affretterà ad offrirsi agli altri della coalizione; chi sta fuori proverà a far proprio ciò che rimane di Forza Italia per poterci entrare, nella coalizione.
Ma anche di questo parlerete nei prossimi mesi. Io, si sa, non ho il dono della fede; ma per gioco mi piace per un attimo immaginare che oggi stia davvero avverando quella barzelletta che gli sentii raccontare mille volte: Berlusconi, asceso al cielo, tratta sbrigativamente San Pietro dicendogli che intende confrontarsi solo con il Capo. Dopo averlo fatto entrare – non senza fastidio – al cospetto dell’Onnipotente, San Pietro si insospettisce per lo scorrere del tempo e per il fatto che, dietro la porta, intende grasse risate da parte del Principale. Si accosta alla porta, si china a guardare dal buco della serratura e si sorprende a sentire Dio che, nello stringere la mano a Berlusconi, esclama: “ok Silvio, siamo d’accordo su tutto, ma perché io solo “vice-presidente”?”…
L’ultimo regalo ce lo ha fatto in queste ore, consentendoci di registrare l’invidia ed il livore dei nemici in servizio permanente effettivo, gente della cui scomparsa non si accorgerebbe neppure la propria madre, che si sta scatenando in festeggiamenti ed insulti ad un uomo che occuperà per sempre – da positivo protagonista – i libri di storia. E, con animo gaudente, mi viene da pensare a quanti fegati abbia spappolato – dall’altra parte – in questi 30 anni incredibili, per il solo fatto di essere sempre stato sé stesso. Grazie, anche per avere reso ancor più triste la loro già insulsa e negativa esistenza. Le sia lieve la terra, Presidente.