La pretesa di essere “open minded” si accompagna inevitabilmente con una ottusità, una chiusura mentale feroce. C’è chi chiama NPC gli innumerevoli servi del pensiero unico: “non playing character”, come i personaggi che nei videogiochi non hanno un ruolo attivo, al massimo interagiscono col giocatore in sequenze animate, seguendo una sceneggiatura sempre identica a se stessa.
Al novero degli NPC nostrani si è aggiunta Virginia Raffaele, comica romana di gran talento, del cui spettacolo teatrale “Samusà” (a tratti geniale, a tratti zavorrato dal dover pagare tributo a certe dozzinalità televisive) abbiamo già scritto. Ha fatto di recente mostra della sua strabiliante avvenenza col numero, tuttora in edicola (a ridosso dell’Immacolata), del settimanale “Oggi”: appollaiata su di una sedia, sovrasta il titolo “Non ho figli, e allora?”. Per carità, sulle scelte personali non si mette becco; nonostante rattristi l’astio dilagante riguardo la genitorialità (alla quale contribuisce il Corriere della Sera con certi corsivi davvero orrendi del solito Gramellini: una goccia nell’oceano della devastazione ideale e sociale). Quel che più crea sgomento è il conformismo spietato, che non tollera eccezioni né repliche. Virginia Raffaele – alla quale va comunque la simpatia dello scrivente – è soltanto la centomillesima, milionesima, miliardesima donna dello spettacolo che ribadisce, in termini sempre uguali tra loro, “Non ho figli, e allora?”; le parole sono sempre le stesse.
Citiamo testualmente: “La maternità è ancora vista come il completamento della vita d’una donna. E questo nonostante i tempi che viviamo, i diritti e le libertà che abbiamo, abbiano chiarito che una donna può essere felice e completa se non ha figli”. Si tratta dell’intervista di “Oggi” alla Raffaele, ma si possono cambiare testata e intervistata, e le parole restano, invariabilmente, le stesse. Lo ha detto l’ex protagonista della tediosa sitcom “Friends” Jennifer Aniston, lo ripete compulsivamente la cantante pugliese Emma Marrone; unica variazione (parecchio inquietante) sul tema, il premio Oscar dell’anno scorso Jessica Chastain, che pur avendo due figli (alla femminuccia ha dedicato la statuetta, il maschietto si arrangia) dal palco dell’Academy ha lanciato l’ennesima perorazione sui “diritti riproduttivi” (che poi sarebbero diritti “non” riproduttivi, dato che si tratta dell’ennesimo slogan hollywoodiano per difendere l’aborto). Bambini ringraziate la mamma che non ha esercitato i suoi diritti non-riproduttivi con voi.
L’odio del neoliberalismo nei confronti della genitorialità è spaventoso, ma almeno per stavolta lasciamo da parte il punto. La questione è: l’altrettanto terrificante facilità con la quale il pensiero unico impone una totale obbedienza. L’argomento potrebbe essere un altro, poniamo che i colossi condizionanti l’opinione pubblica – i nomi sono i soliti: Amazon, Netflix e compagnia cantante – decidano di diffondere la moda di invertire le scarpe. Non c’è da dubitarne: milioni di soldatini “open minded” comincerebbero, senza la minima esitazione, a calzare la scarpa destra al piede sinistro e viceversa, e nel giro di qualche settimana l’Occidente sarebbe popolato di zoppi – contentissimi di essersi fatti rovinare la salute, come lo sono le migliaia e migliaia di ragazzini che da quando è stata lanciata sul mercato la parola d’ordine “genderfluid” si sono sottoposti a terapie ormonali micidiali e operazioni chirurgiche devastanti. Così come ci sono già migliaia e migliaia di libere donne occidentali che scelgono liberamente di non avere figli, sacrificando la prole alla libertà che sono state indotte ad autoimporsi.
Sì, loro sono libere. Libere di essere condizionate, libere di ripetere slogan a macchinetta, libere di farsi imporre scelte di vita. Mica come i medievali…