Viktor Orbàn, il pirotecnico premier ungherese, ha ancora una volta spiazzato i suoi avversari interni (pochi) ed esterni (tanti). La scorsa domenica, durante una visita in Romania — nel distretto di Naile Tusnad, caposaldo della minoranza magiara — Orbàn ha delineato la prossima “svolta” geopolitica di Budapest. Le “sorprese” non sono mancate.
Per il premier è «ora di mettere la parola fine al copiare l’Occidente in maniera provinciale . Una scelta suicida per la nazione ungherese. È tempo invece di guardare ad Est, verso realtà come Russia, Cina, India, Turchia, Singapore, democrazie incomplete e stati autoritari che però hanno successo».
Per Orbàn l’Ungheria deve « allontanarsi da dogmi e ideologie obsolete e screditate dalla crisi mondiale, per costruire uno Stato nuovo che non sarà liberale anche se non nega i principi liberali come la libertà». È invece utile «un approccio particolare», che difenda «le ricchezze nazionali, che si opponga alla caduta nella schiavitù del debito» di migliaia di famiglie e che si batta «contro le influenze straniere negli affari interni, che punti sulle nascite invece che sull’immigrazione».
Il premier ha confermato anche la vicinanza di Budapest a Mosca nella crisi ucraina e ribadito l’interesse ungherese per il South Stream, il grande gasodotto che tanto infastidisce la UE e gli statunitensi. Il tutto nel segno di «un approccio pratico e concreto, dell’interesse nazionale». A Bruxelles qualcuno inizia ad agitarsi.
contro le influenze straniere negli affari interni, che punti sulle nascite invece che sull’immigrazione».
Anni luce dalla nostra balbettante sedicente destra.