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Unicredit festeggia ma intanto i poveri aumentano

di Maurizio Bianconi
2 Febbraio 2023
in Il punto
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Unicredit festeggia ma intanto i poveri aumentano
       

I media riportano con toni compiaciuti che uno dei più importanti gruppi bancari del paese, Unicredit, ha conseguito utili per oltre 5 miliardi e mezzo di euro. Il montante è risultato superiore a ogni previsione. Massima la soddisfazione del gruppo dirigente, degli azionisti, degli speculatori che hanno lavorato con il titolo. L’utile di Unicedit viene conteggiato nel Prodotto interno lordo e a questo punto prende corpo un ragionamento perverso: un soggetto economico fa utili per una somma che da sola copre un quarto di una finanziaria.

Alcuni milioni di altri soggetti economici registrano perdite contrariamente all’istituto bancario. Esse però non incidono nel conteggio. Secondo la logica finanziaria in vigore e il sistema usato per la misurazione degli andamenti economici, il paese è virtuoso e in crescita. Non è una barzelletta. E’ la truffa nella quale siamo immersi.

Mentre Unicredit e pochissimi altri (3/4/5) marcano bilanci da fantascienza in crescita vertiginosa, i poveri assoluti in Italia sono cresciuti in pochi mesi da 5 a 7 milioni. Le retribuzioni nel frattempo hanno perduto circa l’8% del loro valore, l’inflazione è all’11%, il risparmio privato si è eroso di circa 50 miliardi. Dieci volte di più dell’utile di Unicredit e riguardo non a un solo soggetto, ma a alcuni milioni di risparmiatori che hanno anch’essi ridotto, sicurezze, certezze, consumi.

Per i teorici della postdemocrazia tutto questo è positivo. Cresce il Pil, si allarga il potere di banche, multinazionali e funzionari dispensatori di bonus. Mario Monti, Enrico Letta, Mario Draghi, Sergio Mattarella, Ugo Zampetti e possono compiacersi di quest’andazzo. Il loro scopo si sta realizzando.

Spetterebbe al governo in carica, guidato dagli oppositori di sempre a questa filosofia globalista e speculatrice rimettere le cose in carreggiata. Spetterebbe ai “patrioti” mutare le prospettive della crescita e incrementare il benessere diffuso, la premialità del risparmio e del lavoro, l’esercizio dei diritti, la riduzione degli accentramenti di utili speculativi e delle sacche di bisogno disperante. Non si è sentito nulla in proposito. Le banche possono continuare a speculare utilizzando i denari depositati dagli utenti e onerandoli del rischio, salvo poi ritrarre per sè gli utili, applicando il noto brocardo del turboliberismo “Quel che è mio è mio. Quel che è tuo è mio”. La sciocchezza ormai messa in discussione anche dalla migliore dottrina e cioé crescita = crescita del PIL, ancora scorrazza indisturbata nei ministeri e a Palazzo Chigi. Le presunte tutele del lavoro e delle microimprese ancora sono espresse in bonus, sempre ingiusti e parziali, ma soprattutto figli della filosofia postdemocratica e turboliberale della dazione, della carità, del sussidio benevolente.

Danno un po’ di pesce per togliere la fame a qualcuno, ma si tengono ben strette reti e canne da pesca. Questo governo si è mosso bene nella ricerca di una premiership mediterranea e energetica, sta cercando soluzioni su giustizia e autonomie territoriali. Ma sfugge il cuore del problema. Senza la soluzione per la giusta strada per la reale crescita e la fine del protettorato economico, il futuro  non potrà essere che nefasto e miserevole.

Non bastano le armi di distrazione di massa come la infelice provocazione sul caso Cospito, nè i positivi espedienti sulla questione migranti, nè le distrazioni elettorali e magari i nuovi successi nel Lazio e in Lombardia. Il problema rimane lì, enorme e irrisolto. Ci sarebbero meno applausi della signora Von der Leyen e meno telefonate di sostegno e ausilio con i vari draghi e draghetti, ma ci sarebbe una linea politica coerente con le promesse, finalmente degna di rappresentare il reale interesse nazionale, così evocato ma così trascurato.

Tags: bancheeconomiaturbocapitalismo
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