Dino Buzzati dalle pagine del Corriere della Sera per parlare dell’oggetto autopropulso più grande e complesso mai costruito dall’umanità ci regalò un affresco in poche righe che riassumeva la bellezza ed il vanto del sentimento di una Nazione di cui andar fieri in tutto globo terracqueo.
“Una nave è uno dei più perfetti concentrati, per dir così, del nostro Paese, una sintesi delle sue qualità più nobili, una delle più probanti testimonianze della nostra civiltà effettiva: perché per fare una poesia, o un quadro, o un’opera lirica, o un film o anche una grande scoperta bastano pochi cervelli sparsi qua e la, intorno ai quali ci può essere anche il deserto; ma non si fa un transatlantico se dietro non c’è tutta una moltitudine organizzata di uomini d’alto livello intellettuale e tecnico. Questo è il motivo per cui non è retorica dire che una bella nave fa onore al Paese che l’ha costruita”.
L’armamento di bandiera è sempre stato uno dei fiori all’occhiello dell’industria e del genio italico, con le grandi navi italiane che da sempre sono state ambasciatrici nel mondo dello stile, della bellezza e dell’efficienza italiana.
Con spiccate capacità imprenditoriali e con l’ausilio di politiche nazionali di supporto le grandi compagnie di navigazione italiane hanno saputo sopravvivere a due guerre mondiali, hanno saputo resistere alla concorrenza sbaragliante dell’aeroplano come mezzo di trasporto reinventando il concetto alberghiero delle crociere, hanno saputo riadattare la conformazione delle stive a seguito della rivoluzione del container a avvenuta a cavallo degli anni 70, diventando il più efficiente e gradito mezzo di trasporto dell’era moderna.
La navigazione Italiana, ha saputo destreggiarsi con impareggiabile equilibro tra momenti di liberalizzazione imprenditoriale, a funzionali situazioni di nazionalizzazione del settore, e da ultimo, con la privatizzazione della FINMARE. L’armamento italiano, ridiventato privato a tutti gli effetti, ha saputo così gestire la concorrenza del mercato internazionale.
Certo le vicende di questo preziosissimo comparto industriale sono state contrassegnate da vari interventi legislativi, ma senza la “moltitudine organizzata di uomini d’alto livello intellettuale e tecnico” citata da Buzzati, tutto ciò non sarebbe stato possibile.
Se è vero che “la concorrenza la fa il libero mercato”, è anche vero che un ruolo strategico in questo contesto lo gioca la politica fiscale di Governo, ed in questo il nostro attuale esecutivo sembra incarnare, in negativo, uno dei migliori interpreti protagonisti.
Infatti dopo l’introduzione in Italia del Registro Internazionale Navale ad opera della L. 30/1998 (governava allora Romano Prodi) e dopo l’adeguamento fiscale del sistema italiano a quello comunitario ad opera della Tonnage Tax istituita con il d.l. 344/2003 (governava allora Silvio Berlusconi), la bandiera italiana è tornata ad essere una opzione scelta e condivisa dagli Armatori italiani ed anche esteri.
Il primo ed ovvio effetto di tale situazione, consolidatasi ormai da quasi un decennio, è stato il ripopolarsi della flotta battente bandiera italiana, con il conseguente effetto di ricaduta economica sociale ed occupazionale in tutta la nazione; una nave infatti genera reddito ed indotto nella sua gestione d’esercizio.
Tale situazione rischia ad oggi di essere per sempre compromessa dalla “nouvelle vague” di caccia alle streghe fiscali del nuovo e rampante esecutivo Renzi che con una mano promette carezze e con l’atra, mena giù sberle.
La notizia ci riporta ai recentissimi fatti di cronaca economica ed industriale, dove fanno letteralmente scalpore le dichiarazioni rese alla stampa da Pier Luigi Maneschi, il Presidente di Italia Marittima S.p.A., la più importante società Italiana di trasporti commerciali marittimi, l’erede del gloriosissimo Lloyd Triestino di Navigazione S.p.A., ora costola e perno mediterraneo della Multinazionale Taiwanese Evergreen, il quarto vettore in ordine di grandezza mondiale nel trasporto containerizzato.
Il motivo di tali dichiarazioni è molto semplice, e deriva dall’esito di una verifica fiscale, operata dalla Guardia di Finanza nella sede d’armamento a Trieste.
Bisogna chiarire che l’Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza eseguono cronicamente indagini fiscali presso tutte le grandi aziende italiane, andando in ogni occasione a mungere sanzioni che si aggiungono ai già salatissimi conti fiscali e tributari che un imprenditore italiano è costretto a pagare.
La novità di questa ispezione risiede nel fatto che questa volta lo Stato Italiano ha deciso per bocca di uno dei suoi più periferici sgherri di modificare l’assetto applicativo del sistema fiscale che disciplina l’armamento in bandiera italiana; assetto che è fino ad oggi stato coerentemente condiviso da stato ed imprese per più di una decade.
L’effetto di tale lungimirante decisione non si limita alla sola Italia Marittima, ma si estende a tutti gli Armatori italiani, che se dovessero veder confermata per effettiva questa nuova forca fiscale, non avrebbero altra scelta se non quella di trasferire le proprie sedi d’armamento in un altro paese comunitario.
Purtroppo c’è da segnalare che il Governo della supercazzola Renziana sta collezionando molti altri (in)successi simili questo.
E’ notizia recente che la MSC Crociere, operatore leader del settore, dopo la multa di 35 milioni di Euro comminata dalla magistratura di Napoli, ha rinunciato al progetto di insediare a Genova la sede dell’ufficio di gestione turistica delle crociere trasferendolo in Grecia, al Pireo, e questo perché il rischio fiscale di impresa oggi in Italia non consente più l’insediamento di nuove iniziative produttive.
Le cifre di questa decisione sono anch’esse rilevanti; 500 dipendenti che non saranno assunti; 500 famiglie senza lavoro, 500 IRPEF non percepiti, 500 contribuzioni previdenziali svanite nel nulla, una miriade di opportunità perse.
Questa è la realtà che si muove all’ombra del banco da falegname della Leopolda, ed è una attività di sezionamento, di smembramento e di esilio per ogni realtà economica ed industriale, ma questa volta in cantiere di disarmo non andranno solo le navi, ma anche la fiducia degli investitori italiani e stranieri nel futuro dell’Italia.