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Home L'Editoriale

Venti di guerra/ Attenzione, la Corea del Nord non è una tigre di carta

di Nazzareno Mollicone
18 Aprile 2017
in L'Editoriale
1
Venti di guerra/ Attenzione, la Corea del Nord non è una tigre di carta
       

 

 

L’improvvisa decisione della presidenza americana d’inviare una portaerei d’attacco vicino alla Corea del Nord, come se si fosse accorta solo adesso del potenziale militare anche atomico di quel Paese, ed i conseguenti allarmi di guerra diffusi dai media ormai tutti fotocopia ed omologati, suscita qualche interrogativo.

La prima impressione che abbiamo avuto è che quell’ammonimento militare più che alla Corea fosse rivolto alla Cina, contro cui il presidente Trump aveva effettuato dure dichiarazioni polemiche per la sua politica commerciale e valutaria; ma, anche ammettendo che l’ammonimento fosse rivolto alla Corea del Nord, è necessario fare alcune considerazioni su quel Paese così poco conosciuto.

Ci hanno sempre descritto la Corea del Nord come un paese chiuso in sé stesso, cupo, povero e quasi alla fame: la conferma più diffusa ed impressionante di quella situazione socio-economica era data dalle foto satellitari che mostravano la Corea del Nord quasi totalmente all’oscuro mentre era del tutto luminosa quella meridionale.

Ma è proprio così? Innanzitutto, va detto che se c’è miseria questo sarebbe anche dovuto alle sanzioni imposte ormai da molti anni e rinnovate alla fine del 2016. Tuttavia, la storia c’insegna – e noi italiani ne sappiamo qualcosa – che quando un Paese è sottoposto a sanzioni fa emergere tutto il suo potenziale. E’ successo anche con la Russia a seguito delle sanzioni impostele dopo l’annessione della Crimea: potenziando le sue risorse agricole, oggi la Russia (senza l’Ucraina!) è divenuta la prima esportatrice al mondo di grano e sta sviluppando la produzione di prodotti che prima importava, dai pomodori alla frutta, dai formaggi al vino ed agli insaccati: tanto per fare esempi che hanno danneggiato proprio l’Italia.

Vi sono alcuni dati da prendere in considerazione sul Nord Corea (tratti dal “Calendario atlante De Agostini” ): in quel territorio vivono circa 25 milioni di persone, con un tasso di fecondità del 2%, una mortalità del 9 per mille, ed una speranza di vita che è addirittura di 73 anni per le donne e qualche anno in meno per gli uomini: non è proprio un indice da paese sottosviluppato: ciò anche perché vi sono 4 medici e 13 posti letto per ogni mille abitanti, con una spesa pubblica per la sanità del 3%. Inoltre ha un grado di alfabetizzazione pari al 100% ed anche l’istruzione secondaria è obbligatoria.

Dal punto di vista produttivo, il Nord Corea non è un Paese privo di risorse: è autosufficiente nell’alimentazione ed ha molti minerali (carbone, lignite, ferro, rame, zinco, magnesite) che esporta anche nei Paesi confinanti (Russia e Cina) ed in altri che vogliono commerciare con esso. Ovviamente, a sostegno di queste risorse minerarie vi sono impianti siderurgici ed industrie di trasformazione.

Sta di fatto che se non ci fosse un apparato produttivo sufficiente ed efficiente, se non ci fosse una forza lavoro specializzata, la Corea del Nord – pur con tutti gli aiuti che può avere da Russia e Cina, che peraltro sono stati molto ridotti negli ultimi anni – non avrebbe potuto mettere in piedi una forza militare come quella sperimentata negli ultimi anni ed esibita alla parata militare del 15 aprile scorso. Perché essa non ha solo qualche missile balistico e la bomba atomica, di cui peraltro non si sa la reale possibilità di utilizzo; ha – compresi i riservisti – circa due milioni di soldati, carri armati, cannoni a lunga gittata, aerei, navi, sommergibili (il “Corriere della Sera” qualche giorno fa ne ha indicato le quantità).

Gli Stati Uniti non possono perciò pensare di chiudere in pochi giorni un eventuale scontro militare, anche con uso di missili e bombe potentissime. Ci sarebbe immediatamente una dura risposta su Seul (area metropolitana di dieci milioni di abitanti) distante qualche decina di chilometri dal confine e già nel mirino di cannoni a lunga gittata e missili. Ma, soprattutto, riteniamo che ci possa essere una guerriglia simile, se non peggiore, a quella vietnamita. D’altra parte, è noto che gli orientali – da Mao al Giappone, dal Vietnam alla Cambogia – sono abituati a combattere nelle condizioni più disparate. E probabilmente i coreani settentrionali sono più motivati dei loro connazionali del sud.

Quindi, una guerra imminente su quel teatro bellico a parere dello scrivente non è praticabile, perché nessuno la vuole: ad ulteriore conferma che i Paesi che davvero sono “sovrani” sono quelli che dispongono dell’arma atomica, perché tutti temono le rappresaglie.

Del resto, già si vedono alcuni segnali. L’agenzia di stampa russa “Russia Today” ha scritto che la Corea del Nord ha volutamente fatto fallire il lancio di un suo missile, previsto per il 16 aprile, per non fornire agli Usa un alibi: e Trump ha subito detto che la Cina e la Russia stanno svolgendo un’azione “responsabile” sul presidente Kim Jong-un, aggiungendo che sarebbe sbagliato accusare la Cina di operare in modo ostile sulle valute….

A questo punto qualcuno si potrebbe domandare se non sarebbe invece più utile svolgere una lenta ma efficace azione diplomatica per una riunificazione dei due Paesi, magari lasciando al Nord qualche area a gestione socialista. Ma questo nessuna delle Grandi Potenze lo desidera perché, come hanno indicato alcuni osservatori economici, una Corea riunificata potenzierebbe la già importante presenza industriale e commerciale della Corea del Sud tanto da trasformare quel paese in una potenza concorrenziale con il Giappone ed in qualche misura con la stessa Cina e gli Usa. E’ meglio quindi che siano divisi, che ci sia ogni tanto qualcuno che faccia “la faccia feroce” e minacci azioni militari, per impedire che una Corea riunificata diventasse per l’Estremo oriente quello che la Germania riunificata è divenuta per l’Unione Europea.

Riteniamo insomma che dinanzi a questioni del genere, agitate dalla stampa quasi come si agitano nell’arena i drappi rossi dinanzi al toro, occorre porsi sempre qualche interrogativo e riflettere attentamente sui diversi e complessi aspetti della situazione,

Detto ciò, ribadiamo che evidentemente non condividiamo il tipo di regime socialista esistente nella Corea del Nord e l’assenza di libertà politica, culturale e religiosa in esso esistente. Ma questo lo sapete.

 

 

 

Tags: AsiaCinaCorea del NordDonald TrumpgeopoliticaRussiaUSA
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Commenti 1

  1. L'ITALIANO says:
    6 anni fa

    Ma quale guerra. Comunisti e liberal-capitalisti non si sono mai fatti guerra: sono le due facce della stessa medaglia!

    Rispondi

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