La Corte Suprema degli Stati Uniti ha fatto indignare “loro”. “Loro” hanno organizzato manifestazioni, lanciato petizioni attraverso le piattaforme sorosiane. Una vera e propria fatwā contro i giudici che hanno osato ribaltare la sentenza Roe del 1973, che aveva stabilito che il legislatore non può regolamentare i casi in cui è possibile interrompere la gravidanza.
Ma qualcuno ha letto la sentenza? Con il “loro” permesso, ho avuto l’ardire di leggerla.
Cosa dice la sentenza, redatta dal giudice afroamericano Samuel Alito? Giudicando conforme alla costituzione una legge del Mississipi che limitava la possibilità di abortire dopo la dodicesima settimana, afferma: «L’aborto presenta una profonda questione morale. La Costituzione non proibisce ai cittadini di ogni Stato di regolamentare o proibire l’aborto. La Corte restituisce tale autorità al popolo e ai suoi rappresentanti eletti».
È esattamente quello che dice la Corte Europea dei diritti dell’Uomo, che è intervenuta più volte a dirimere le questioni, stabilendo che, fuori dai casi di pericolo di vita per la puerpera (sentenza della Grande Chambre 26 maggio 2011) o di gravi malformazioni del feto (sentenza 30 ottobre 2012), il legislatore possa disciplinare i casi in cui è consentito interrompere la gravidanza. Il principio è stato affermato più volte, a partire dalla decisione del 13 luglio 1977, con la quale è stato ritenuto legittimo l’articolo 218 del codice penale tedesco, che punisce con il carcere l’interruzione della gravidanza dopo la dodicesima settimana ed è stato ribadito anche nelle decisioni citate. La stessa Corte ha riconosciuto legittima la condanna di un’associazione irlandese che agevolava l’aborto all’estero (decisione 29 ottobre 1992), mentre ha – viceversa – ritenuto illegittimo il ritiro di volantini che paragonavano l’aborto all’olocausto (decisione 26 novembre 2015); ha condannato l’Austria per non aver sufficientemente protetto dei medici che avevano organizzato una manifestazione contro l’aborto (decisione 21 giugno 1988).
Allora? Sempre con il “loro” permesso, mi sono chiesto: «Se la sentenza della Corte Suprema SUA è in linea con la giurisprudenza europea, perché “loro” si agitano tanto»?
Ma sono senz’altro io nel torto. “Loro” sono dalla parte giusta della storia. “Loro” sono gli Illuminati. “Loro” hanno la giusta chiave di interpretazione delle “dinamiche della Storia”. “Loro” dicono che la sentenza Alito è una sentenza che “ci riporta al Medioevo”, un attentato alla libertà delle donne. E “loro” sono donne e uomini d’onore.
Ho cercato di capire il loro linguaggio da Illuminati, ma è al di là delle mie capacità di comprensione. «Si portano indietro le lancette dell’orologio della Storia», è uno dei loro slogan preferiti. “Loro” conoscono l’orologio della Storia. Io, poveretto, non riesco mai a sapere che ore sono su questo orologio.
Ma l’altro slogan, tanto diffuso negli anni Sessanta-Settanta del secolo scorso, «L’utero è mio e me lo gestisco io», sembrerebbe essere l’indicatore di queste lancette, sotteso alla ossessiva ripetizione dell’assioma: «È alla donna che spetta decidere se portare a termine la gravidanza». Le mie modestissime conoscenze storiche mi portano a vedere che questo slogan riporta indietro di migliaia di anni l’orologio della Storia. Il feto “mulieris portio vel viscerum”, cioè parte del corpo della donna, è un concetto scientifico che è stato superato da più di 2500 anni, quando Empedocle da Agrigento studiò l’evoluzione del feto. Nella medicina ippocratica, era interdetto ai medici di praticare l’aborto, e l’evoluzione giurisprudenziale romana aveva cristallizzato il principio “conceptus pro iam nato habetur quotiens de commodis eius agitur” (il concepito sia da considerare già nato, se si tratta dei suoi diritti), riconoscendo diritto ereditario al concepito. Prima di Empedocle, di Ippocrate, dei giuristi romani, il feto era considerato – appunto – una parte del corpo della donna.
Ed allora? Sempre con il loro permesso, mi sono chiesto: «Chi è che riporta indietro le lancette dell’orologio della Storia?»
Ma sono senz’altro io nel torto. Sono io che non so vedere che ore sono sull’orologio della Storia. “Loro” dicono che la sentenza Alito è una sentenza che “riporta indietro l’orologio della Storia”. E “loro” sono donne e uomini d’onore.
C’è Biden che conclama: «I giudici di Trump hanno rovesciato la legge».
Con le mie modestissime nozioni giuridiche, ho percepito una portata eversiva dell’affermazione. Quello che mi hanno insegnato all’Università è che in uno Stato di diritto i giudici non devono interferire nell’esercizio della funzione legislativa ed i politici non devono interferire nella funzione di interpretazione della legge da parte dei giudici. Da sempliciotto come sono, mi sono chiesto: «Se la Corte Suprema ha detto, semplicemente, che nella Costituzione SCRITTA non c’è traccia della libertà di aborto come principio costituzionale, invece di minare alle basi il principio di separazione di poteri, perché Biden non propone un emendamento alla Costituzione che preveda l’aborto libero come diritto costituzionalmente garantito?».
Ma sono senz’altro io nel torto. Sono io che non so capire la “interpretazione evolutiva” della Costituzione. “Loro” dicono che la sentenza Alito è una sentenza “retriva”. E “loro” sono donne e uomini d’onore.
“Loro” sono fieri della “loro” superiorità, perché “sono dalla parte dei più deboli” e anche qui, vanno fieri di essere “dalla parte delle donne”, mentre noi, barbari, “medievali”, vogliamo “decidere per gli altri”, negando alla donna una scelta che “spetta solo a lei”. Ma a me, sempliciotto e rozzo, viene da pensare che a “difendere il più debole” sono io, il troglodita che non sa leggere l’ora sull’orologio della storia. Perché nella vicenda abortiva la “parte debole” è il feto, che si pretende di considerare come una “cosa” di proprietà della donna, con il suo diritto di farne quel che le pare. “Loro” dicono che il feto non ha diritto di tutela, che l’attribuzione di una sua individualità al feto è un pregiudizio di bigotti cattolici. Io vedo che i diritti al concepito sono stati elaborati molto prima che arrivasse Cristo, vedo che a redigere la sentenza della Corte Suprema è stato il protestante Alito e ad attaccare violentemente la Corte è il cattolico Biden. C’è qualcosa che non mi quadra. Anche perché la Corte di Strasburgo ha più volte ribadito l’attribuzione al feto di una sua autonoma dignità. La decisione – simbolo è quella dell’8 luglio 2004 (caso Vo c/ Francia), con cui si è ritenuto illegittimo il codice penale francese laddove non prevede che sia punibile l’uccisione involontaria del feto per errore medico. E la dignità autonoma del feto è stata parallelamente affermata dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che con la sentenza Oliver Brüstle v. Greenpeace (18 ottobre 2011), ha affermato il contrasto con il diritto dell’Unione dello sfruttamento dell’embrione a fini commerciali.
Ma sono senz’altro io nel torto. Sono io che – pur non essendo cattolico – mi lascio influenzare dall’educazione cattolica con cui mi sono formato. Sono io che sbaglio ritenendo degno di tutela l’embrione. “Loro” dicono che l’embrione non ha diritto ad una tutela autonoma, che la scelta di sopprimerlo appartiene alla donna. E “loro” sono donne e uomini d’onore.
Io non capisco quali siano le ragioni di tanta ribellione ad una sentenza che si limita a dire che i casi in cui può essere praticato l’aborto devono essere disciplinati dagli eletti del popolo sovrano. Non so capire tante cose. “Loro” sono saggi, sono donne e uomini d’onore, e, senza dubbio, con ragionamenti “progrediti” sanno spiegarsi. Io non sono un progredito praticante del politicamente corretto. Sono un uomo semplice e franco, che sa solo dire quello che pensa in base a quello che sa. Evidentemente, “loro” ne sanno più di me.