Il mio profilo psicologico su Macron pubblicato su Destra.it ha scatenato – finalmente! – un dibattito che sta mettendo in evidenza la presunzione di verità che ha sempre caratterizzato il fronte progressista e di sinistra.
Gli psicobolscevici – secondo una felice definizione di Massimo Meschini, mio compianto amico e grande psicoanalista lacaniano – abituati a stendere identikit e pagelle psicologiche su qualunque persona o fatto non adeguato al loro modello culturale e politico, si sono risentiti che uno non allineato alle loro indicazioni si sia permesso di inquadrare clinicamente il candidato all’Eliseo.
La contestazione principale si è basata sulla procedura: come si fa a fare diagnosi senza parlare con la persona oggetto della medesima? Poi: è etico fare emergere questioni personali nell’ambito della valutazione? Ancora: non può essere pericolosa la schedatura di un personaggio pubblico? Infine: non è fuorviante un’analisi fatta da un professionista legato all’estrema destra e collaboratore dei gruppi più estremisti italiani.
Le risposte sono estremamente agevoli per tutte le questioni interrogative.
Sigmund Freud ha scritto un saggio su Leonardo basandosi sulle biografie riportate e sull’analisi della Gioconda, a distanza di quattrocento anni dalla morte dell’esaminando. Si sono fatte perizie su David Lazzeretti, il predicatore dell’Amiata, riconoscendogli un delirio paranoide megalomanico, su Santa Chiara, inquadrandola in una psicosi con disturbo anoressico e via via elencando. La valutazione per loro era molto più difficile che ora, avendo noi a disposizione dati e video originali ed in tempo reale, rispetto al sentito dire dei secoli passati. In più, c’è una branca della psicologia del comportamento che si chiama emotusologia, la quale analizza i movimenti emozionali del volto per scoprire il sentimento reale di un soggetto – aspirante manager, imputato, politico, funzionario pubblico ed altri –, per scoprire la veridicità o la falsità di certe affermazioni e di specifici movimenti. Niente di magico, quindi, solo studio approfondito, capacità di analisi, conoscenza di tecniche.
Sull’eticità nessuna sbavatura. Da tutti i personaggi famosi psicovalutati – Hitler, Stalin, Mussolini, il presidente Wilson ecc. – si sono tratte indicazioni di omosessualità latente, pedofilia dissimulata, priapismo incontrollabile, ossessività pervasiva, paranoia persecutori e via via elencando, senza che la comunità cosiddetta intellettuale avesse nulla da obiettare.
Sulla schedatura possiamo limitarci a due personaggi famosi nostrani: Silvio Berlusconi e Vittorio Sgarbi. Hanno scritto, ipotizzato, sussurrato, sibilato le ipotesi più incredibili, condizionando – e anche no – l’opinione pubblica, e quindi sminuendo le loro capacità e la validità della loro figura.
Infine, non solo è lecito, ma ritengo doveroso opporsi con i propri strumenti di conoscenza al dilagare delle altrui illazioni. Gli epigoni degli psichiatri addetti ai manicomi per i dissidenti sovietici, i sostenitori della psichiatrizzazione politica degli oppositori a Cuba, i maggiordomi della democrazia americana che ha internato al St. Elisabeth Ezra Pound con una diagnosi di pazzia, i basagliani italiani che hanno definito delirante il grande Giovanni Jervis solo perché su posizioni critiche rispetto al loro padre, tutti questi ed altri non hanno lo spessore morale per accampare competenze di insegnamento né di sentenziare giudizi.
Basti pensare a due ultimi squallidi episodi di psicopolizia ai quali abbiamo assistito. Il primo riguarda lo psicoanalista Giancarlo Ricci sottoposto a procedimento disciplinare dall’Ordine degli psicologi, e su denuncia di un attivista della LGBT – sigla per indicare il collettivo Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender – per aver affermato l’importanza della diversa funzione del padre e della madre nello sviluppo del bambino. Il secondo, è l’attacco del comitato direttivo del Centro Italiano di Psicologia Analitica contro Marcello Veneziani per un suo testo sul mito, ritendendo l’autore inadeguato in quanto ideologo dell’estrema destra e influenzato da Julius Evola. Un attacco becero da questurini del pensiero e da pretoriani del pensiero unico, in più con una interna confusione mentale nel momento in cui parlano di “ricerca scientifica in psicologia analitica”. Come facciano a parlare di scienza in un dispositivo psichico e simbolico non si sa, ma certo dimostrano l’intrinseca malafede e la necessità che facciano chiarezza all’interno di se stessi e della setta di appartenenza sulla loro patetica ed insolubile contraddizione.
Insomma, siamo di fronte alla realizzazione totale dei tre dispositivi del Socing di Oceania, perfettamente descritto da Orwell: le guerre si fanno in nome della pace, il servilismo planetario è diventato la globalizzazione libertaria, l’ignoranza diffusa una forza del potere. La psicopolizia è lo stesso apparato omologante dell’Umanaio globale di Zinov’ev, dove il rifacimento della storia, la negazione della natura, la riorganizzazione delle relazioni, il sovvertimento dei sentimenti ed il controllo del pensiero costituiscono parte dei fondamenti del termitaio sociale.
Che differenza c’è tra il cardinale Roberto Bellarmino del Sant’Uffizio nel processo a Galileo su una legge di natura – che la terra gira intorno al sole e non viceversa –, e gli inquisitori della lobby LGBT – che negano le differenze di natura tra maschio e femmina, tra padre e madre? Nessuna. Tutti a difendere dogmi e a pretendere pubbliche esecuzioni. E li accomuna anche il fatto che sono ormai alla canna del gas, e non essendo intellettuali i quali, per funzione, dovrebbero essere per la libertà di pensiero e di parola anche a costo della vita, sono solo miseri maggiordomi del potere che si esibiscono in contorsioni sconce pur di mantenere posizioni di privilegio presso la greppia pseudoculturale e politica del sistema.
Quindi, psicodissidenza, costi quel che costi. Ormai la lotta politica non conosce il fronte, ma è un combattimento casa per casa, una guerriglia senza posizioni, una lotta senza quartiere. Ha dato una indicazione magistrale Umberto Galimberti sul ruolo del filosofo – e per estensione del vero intellettuale orami raro – nel suo libro Il viandante della filosofia, che riassumo così: «La filosofia è la problematizzazione dell’ovvio rispetto a quello che tutti pensano, alla doxa, all’opinione comune. È l’atteggiamento critico contro il dettato ipnotico dell’accettazione incondizionata dell’esistente. È il luogo dell’inquietudine diverso dal luogo delle risposte rassicuranti».
Bene. Il potere non ha più cicuta da distribuire, né roghi da accendere, ma tenta la strada della stigmatizzazione e del silenzio. I sacrestani del pensiero unico, a qualunque campo appartengano, non avranno da noi questa resa. Devono sentirsi quotidianamente prede e sotto attacco, perché nessuno potrà farci tacere né loro potranno impunemente esercitare manipolazioni e costrizioni. Per quanto ci riguarda, dal punto di vista della libertà di pensiero, niente resterà né nascosto né impunito.
Mi compiaccio con l’autore
d’ accordo, solo una precisazione. Paragonare queste macchiette al grandissimo Bellarmino mi pare ardito. Da vero reazionario, preferisco Bellarmino a Galileo.
“Da tutti i personaggi famosi psicovalutati – Hitler, Stalin, Mussolini, il presidente Wilson ecc. – si sono tratte indicazioni di omosessualità latente, pedofilia dissimulata, priapismo incontrollabile, ossessività pervasiva, paranoia persecutori e via via elencando, senza che la comunità cosiddetta intellettuale avesse nulla da obiettare.”
Quante di queste valutazioni sono state peer-reviewed, ovvero sottoposte a vaglio scientifico? Devo spiegare a un professionista della cultura la differenza tra scrivere parole in libertà e scrivere qualcosa di scientificamente fondato?
Caro Adriano, leggo solo ora…interessante, ed illuminante.
Sostengo da anni su altri argomenti, che mi toccano in prima persona delle “tesi” confutate dall oggettivita’; oggi le cronache nazionali e locali, avvallano il mio pensiero…spero che venga preso in considerazione come questo tuo erudito, casualita’ci sono sempre in mezzo dei bolschevichi, a mistificare la realta’.