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Home L'Editoriale

Vincere non serve se non si è pronti a governare

di Andrea Tremaglia
8 Novembre 2017
in L'Editoriale
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Vincere non serve se non si è pronti a governare
       

 

Celebriamo come è giusto il risultato siciliano per il centrodestra, ma cerchiamo di non credere permanente la luna di miele del dopo voto, né a distrarci dal vero obiettivo.

Il centrodestra unito si è mostrato vincente in Sicilia: vero. Tale è potuto essere per la (non agevole) convergenza su un candidato forte e su un programma di governo della regione. A livello nazionale, però, i giochi saranno molto diversi.

La differenza essenziale sarà la presenza del più ingombrante tema degli ultimi dieci anni: l’Euro. Da qua non si scappa. Il centrodestra conta oggi due formazioni come minimo euroscettiche (Lega e FDI), una invece iscritta al partito popolare della Merkel (Forza Italia). Il centrodestra a guida Berlusconi ha tenuto insieme posizioni anche più distanti in passato: vero. Lo potrà fare anche domani? Forse.

Il problema non è come vincere, ma cosa fare in caso di vittoria. Il problema è sui programmi. Non siamo così ingenui da pensare che gli elettori li soppeseranno attentamente, ma sono essenziali a tenere unita una compagine eterogenea e a impedire che dopo qualche anno di governo gli italiani vadano a cercarli sotto casa. La questione europea, a differenza anche solo di pochi anni fa, è oggi essenziale. Così, per esercitare una coerente azione di governo bisogna partire dalla condivisione di alcuni dati di fatto e giungere a conclusioni consistenti riguardo l’Europa. Distinguersi dai populisti ed essere patrioti.

Ci permettiamo degli appunti.

Primo. Il progetto politico europeo, che doveva essere trainato e cementato dalla moneta, è fallito, punto. La moneta unica è il principale argomento di divisione all’interno dell’Europa e degli stati europei.

Secondo. L’euro è stato, per gli italiani, un fallimento. Motivatelo come preferite, ma gli italiani percepiscono di stare certamente peggio oggi di quando c’era la lira.

Terzo. L’assunzione pubblica usata per un secolo come ammortizzatore sociale è uno strumento variamente qualificabile, ma che non si può smontare in pochi anni se non a un prezzo sociale enorme.

Quarto. Una rinnovata competitività internazionale non può che passare da un immediato aumento degli investimenti pubblici, specie a breve termine. Le misure a lungo termine sono necessarie, ma nel frattempo scappano i pochi buoi che ancora non l’hanno fatto. L’Italia ha obbedito ai dettami più liberal dell’Europa, disintegrando come richiesto le tutele per i lavoratori e verificando questa equazione: tanti diritti solo sulla carta più poche reali garanzie sociali uguale scivolare politicamente nell’antisistemismo e nel populismo.

I fan dell’Euro(pa) se ne facciano una ragione e capiscano che non conviene più neanche a loro andare avanti così.

Conclusione logica. Il sistema Italia si è enormemente indebolito ed è stato terra di conquista per tedeschi e francesi. Tuttavia siamo ancora un mercato importante e siamo ancora abbastanza geopoliticamente strategici da poter tentare un’ultima, disperata, sortita. Sul tavolo europeo vanno poste pretese risolute e definitive. Non ci sono più i soldi per fare nulla, nemmeno le mancette a debito di Renzi, se non si ridiscute dalla base come minimo la fiscalità europea, se non direttamente la partecipazione alla moneta unica.

Il centrodestra, chiunque vinca, è pronto a dirlo oppure no? Va tracciata una linea, oltre la quale sono i leoni della speculazione finanziaria, dell’emigrazione di massa, del fallimento dello stato sociale.

Il centrodestra non deve sforzarsi di unire gli italiani nelle urne, quanto di unirli in questo compito decisivo. Altrimenti, governare oltre che impossibile sarebbe soprattutto dannoso.

Tags: centrodestraelezioniSicilia
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